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Visualizzazione dei post da maggio, 2016

Map to the stars

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Di D.Cronenberg, con M.Wasikowska, J.Cusack, J.Moore, R.Pattinson. 2014 Spaccato (se arrivate con coraggio alla fine, anche in senso letterale) di una finta società hollywoodiana fondata sull'ipocrisia e sulla mancanza di valori... ma direi anche sulla follia pura. Cronenberg non è un regista con cui ho un feeling particolare: gli riconosco alcuni bei film (anche bellissimi, quasi capolavori) come La promessa dell'assassino e A history of violence, ma per il resto passa da un risultato discreto (La zona morta) a delle grosse schifezze. Maps to the stars è stato incensato della critica per il suo essere graffiante, ironico e cattivo, ma la verità, triste, è che è solo cattivo.  D'accordo, gli attori sono bravissimi, tutti. Anche il ragazzino cui riempiremmo la faccia di schiaffi dopo trenta secondi di comparsa: vuol dire che recita benissimo la sua parte. Anche Pattinson di cui tutti lamentano  carenza espressiva, anche Julianne Moore alle prese con un ruolo pi

I fiori della guerra

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Di Z.Yimou, con C.Bale, N.Ni. 2012 Nel 1937, nel pieno della seconda guerra sino-giapponese, i giapponesi invasero Nanchino, la capitale, e non fu un momento storico dei più brillanti e felici che l'umanità ricordi. Un gruppo di scolare si rifugia in una chiesa cattolica romana alle porte della città, insieme ad un becchino costretto a fingersi il prete e ad un gruppo di prostitute bellissime. Ci sono i giapponesi del '37 fuori dalla porta del convento, il regista è Zhang Yimou, il committente lo Stato Cinese: secondo voi come può finire? Ecco, cosi'. Forse c'è un eccesso di melodramma, e magari anche di partigianeria (non è che i cinesi fossero proprio degli scolaretti, i giapponesi non erano gli unici Spietati al mondo), ma è un gran colossal dai mezzi abbondanti, che si vedono tutti, diretto da un maestro che conosce la tecnica alla perfezione ed è capace di commuovere come pochi. E infatti, se non vi scende la lacrimuccia, bisogna farsi controllare i dotti

Pierrot le fou (Il bandito delle 11)

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Di J-L.Godard, con J-P.Belmondo, A.Karina. 1965 Ferdinand fa il professore di Spagnolo, lavora per la TV, ha una moglie bella e ricca, è intellettuale e, soprattutto, si annoia. Incontra per caso un'antica fiamma, Marianne, e in un impeto di follia lascia tutto e parte con lei verso l'ignoto. La favoleggiata avventura si materializza in una serie di piccoli crimini e culmina in un omicidio e in un ritiro in Provenza, finché Marianne riprende una frangia della sua vita precedente (con una banda di briganti capeggiati da un nano) e Ferdinand, da lei ostinatamente chiamato "Pierrot", quasi per sbaglio, quasi per dispetto, si dà una morte colorata e sconvolgente. Il Sessantotto si avvicinava e Godard sicuramente percepiva il disordine serpeggiante di una borghesia colta ed esausta delle sue costrizioni, dei piccoli compromessi e delle grandi sconfitte esistenziali vissute in silenzio e nella negazione. Ci restituisce dunque delle caricature, con una protagonista t

Ted

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Di S.McFarlane, con M.Whalberg, M.Kunis. 2012 Da piccolo, maltrattato da tutti, John vede esaudito il suo desiderio che il suo orsacchiotto prenda vita. Il nuovo miglior amico dell'uomo si trasforma in un inno all'infantilismo permanente, circondato dai fumi della marijuana e dell'alcool (vario ed eventuale), cui John resta attaccato in modo patologico a scapito della relazione con la bella e vincente Lori. Lo spunto è divertente, e l'orsacchiotto sessuomane, sboccato e sfacciato oltre il limite, cosi' politicamente scorretto, è accattivante; finché la commedia resta centrata su questo aspetto, per quando piuttosto volgarotta, funziona e fa ridere. Il limite della vicenda è invece rappresentato dai personaggi umani: tanto funzionano Ted (cui è giustamente intitolato il film) e il personaggio metafumettistico di Flash Gordon/Sam Jones, quanto sono abbozzati i due imperfetti innamorati. Lori è banale e incomprensibile, sembra la donna in carriera degli an

Captain America: Civil War

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Di A. e J.Russo, con C.Evans, R.Downey Jr, S.Johansson, P.Bettany, J.Renner. 2016 Tratto dall'omonima saga a fumetti, racconta di quando l'opera tanto santificata dei supereroi comincia a produrre vittime "collaterali", gli innocent bystanders. La reazione degli alti papaveri NATO, ancorché comprensibile, è spinosa: registrazione dei supereroi in gruppo e supervisione delle missioni. Il gruppo degli Avengers si crepa, e poi si spacca.  Con mia parziale sorpresa, a guidare il blocco dei pro-NATO, Iron Man: mi aspettavo che il suo individualismo avrebbe tirato verso una maggiore libertà, ma a vincere sono il suo spirito imprenditoriale (che implica rispetto per le strutture di alto profilo) e il suo senso di colpa (è forse quello con più pasticci di cui sentirsi responsabile alle spalle, da Ultron in poi). Invece il Cap Mr Prissy Perfect, che avrei giurato più sottomesso all'autorità visto il suo passato da soldato volontario, rappresenta invece l'America

Point Break

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in effetti c'è anche una ragazza nel cast, ma in verità non gliene importa niente a nessuno! Di K.Bigelow, con P.Swayze, K.Reeves. 1991 Johnny Utah era una promessa del football, ma dopo una frattura del ginocchio si ritrova a investigare per conto dell'FBI su una banda di rapinatori gentiluomini che alleggeriscono le banche coperti da maschere di ex-presidenti americani. Sospetta che possano essere dei surfisti, viste le località e la stagione dei colpi, e seguendo questa pista conosce il gruppo del carismatico Bodhi. Il sequel di questo film mi sembra una cosa del tutto inutile e, se ho ben capito, anche molto malriuscita, perciò mi asterrò dal parlarne oltre. L'originale si gloriava di tantissimi pregi. Certo, qualche minimo difetto esiste, come l'evidenza che K.Reeves non sia sempre il massimo dell'espressività, o che alcuni passaggi logici non siano credibilissimi, ma trattasi proprio di dettagli ininfluenti. I pregi invece sono tutti da elen

Gender: ma il problema è il sesso, la semantica o una forma di ansia?

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Mi riallaccio al film di ieri per buttar giù qualche considerazione personale. Riassumo: Guillaume è un ragazzo brillante, bravo a scuola, affidabile e gentile, e profondamente femmineo. Tutti i suoi familiari sembrano convinti che "effeminato" e "omosessuale" siano sinonimi e sembrano non solo stupiti, ma anche un po' traditi dalla sua ammissione di eterosessualità. L'argomento in questo periodo mi sembra di particolare attualità. La società occidentale attuale si pregia di essere aperta e tollerante, ma più i sofismi si moltiplicano, più le accettazioni si fanno sbandierate, più mi sale il contatore del sospetto. Negli ultimi anni è tutto un sottile distinguo tra omosessualità, transgender, travestitismo e più di altre venti declinazioni di preferenze e orientamenti. Chiariamo subito: certo che preferisco un paese con un GayPride inutilmente scollacciato alle strutture totalitarie che prospettano la lapidazione o anche solo l'esclusione di c

Le garçons et Guillaume, à table (Tutto sua madre)

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Di e con G.Gallienne, 2013 Guillaume è un ragazzo un po' diverso dalla maggioranza dei suoi coetanei. Persino sua madre, chiamandolo a cena, lo separa dai suoi fratelli: è per lei la figlia che non ha mai avuto, e la relazione profonda tra genitrice e rampollo è piena d'amore, ma anche d'incomprensione. Guillaume adorasua madre e in generale le donne, vorrebbe carpirne la grazia... è femmineo, e gli viene incollata l'etichetta di omosessuale. Naturalmente l'ambiente intellettualoide chic e aristocratico di una certa società parigina -e non solo- ben si guarderebbe dal condannare l'omosessualità, anzi. E' una differenza da sbandierare, per tutti salvo che per Guillaume... per la sola e unica ragione che lui omosessuale non è. Senza giudizi, né moralismi, né irritanti affettazioni, Guillaume rivendica solo il diritto di essere com'è (e che gli lascino il tempo di capire com'è!), senza che qualcuno sia subito pronto a definirlo. Nell&#