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Visualizzazione dei post da febbraio, 2010

Emmet Cullen

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Emmett è un piccolo orso... non sta nel foglio da disegno! Ha uno spirito giocherellone nascosto da un aspetto poco rassicurante; in realtà la frase che lo descrive meglio è " nothing ever bothered Emmet ". Naturalmente veste benissimo, perché è Rose che si occupa di lui. Non ha maison preferenziali, ciò che gli piace, mette. Qui ha una giacca dal taglio asimmetrico di pelle morbida di Alberto Guardiani, pantaloni di rigatino di velluto Seventy, T-shirt di cotone e seta Fendi, calzature e cintura di pelle e metallo Just Cavalli.

la luna e sei soldi

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Un'altra biografia d'artista, in questo caso non veramente esistito, ma che prende le forme da quelle celebri di Gauguin. Un tranquillo e impacciato agente di cambio, oltre la quarantina, all'improvviso decide di abbandonare la famiglia per dedicarsi alla pittura: si trasferisce dalla City londinese a Parigi, e poi a Thaiti cercando di arginare le tiranniche pretese del suo demone. Nessuno sembra apprezzare la sua arte, salvo che dopo la sua dipartita; solo allora i mediocri personaggi del mondo borghese che egli aveva così sprezzantemente vilipeso si trovano disposti ad accordare alle sue opere quel valore artistico che in realtà inferiscono dall'ascesa del loro prezzo. Maugham traccia il ritratto di un uomo corroso dal desiderio di Bellezza e vive nel suo Assoluto personale con un approccio quasi superomistico di noncuranza verso le povere, trite umane cure: affetti, obblighi sociali, rispetto per l'altro... il Genio, oscuramente, tutto calpesta, tutto dimentica,

Daisy, Mark Jacobs

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A spasso con Daisy, circondati dai fiori di campo! Pur circondandosi di altre note sottili, come la gardenia e i frutti di bosco, la margherita si avverte odorosa e persistente in quest'essenza forse più adatta ad una signora che ad una ragazza. La confezione, divertente con queste pratoline da cartoon, è stata anche rivista in una pregiata edizione natalizia, di metallo argenteo. Da scoprire!

Grazie dei fior

Carmen Consoli si presenta come ospite al Festival di Sanremo con una vecchia gloria della canzonetta nazional-popolare e la trasforma in un diamante post-moderno grazie ad un'interpretazione sapiente, sofisticata e purtuttavia coinvolgente. Ci aiuta a dimenticare alcune delle brutture musicali di questa edizione; preferisco non entrare nel dibattito pseudopolitico che ha accompagnato la seconda canzone classificata, ma vorrei dolermi pubblicamente dell'esclusione di Cristicchi e della sua "Meno Male".

Baarìa

Affascinante e patinata sequenza di quadri di vita quotidiana in un paese siciliano già reso noto da un celebre romanzo di Dacia Maraini per questo film corale tutto recitato in dialetto (con sottotitoli!), per il quale il regista ha reclutato un enorme numero di bravi attori, quasi tutti meridionali. La narrazione procede per giustapposizione di scene, si spiega a coprire il lungo periodo dal 1940 al 1980 narrando le gesta dell'intero paese. Fulcro della vicenda è Peppino Terranuova, pastore comunista padre di cinque figli, in difficoltà tra le verbose espressioni di comizi rivolti a piazze vuote e una certa insufficienza intellettuale e affettiva di cui non riesce a liberarsi, né agli esami di licenza elementare né alla partenza del suo primogenito, con cui non ha alcun vero rapporto. Strana la conclusione, incongruente con la cifra stilistica dell'opera, a cui perveniamo per una corsa attraverso piazze in odore di De Chirico, che trasformano le due ore precedenti in una visi

la moglie dell'artista

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Max Phillips ripercorre la vita tumultuosa di una delle grandi muse del Novecento, Alma Mahler, la donna seducente ed egoista che incantò la Vienna post-imperiale. Andiamo alla scoperta di Klimt, Mahler, Gropius, Kokoschka e Werfel, personalità di spicco tra le più diverse e interessanti del panorama culturale dell'epoca, con una inguaribile, sfrontata e simpaticissima snob. Non c'è stato posto nella sua vita per l'autocommiserazione e, più in generale, per un acuto senso del tragico: la personalità fattiva, indomita e positiva di Alma è il tratto dominante di un romanzo autobiografico che si legge con piacere e risveglia una sorta di senso dell'avventura. Piuttosto che inserire la copertina del libro, preferisco ricordare un dipinto lacerato e grandissimo di cui, leggendo, scopriamo la genesi.

notti di guardia

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Un giovane anestesista, Giuseppe Naretto, al suo esordio letterario, ambienta questa verisimile vicenda in un reparto di anestesia, con una certa poesia ed eleganza: quella propria a chi ha visto con i suoi occhi ciò di cui parla. E non intendo con questo i piccoli gialli quotidiani di un reparto, quale che sia, ma di quel tarlo che corrode la mente di molti medici e sussurra dentro le nostre orecchie che "se solo sapessimo di più di questo paziente..." riusciremmo a curarlo meglio, ad accudirlo con più solerzia, a migliorare la sua prognosi. La dura verità è che questo mestiere è duro, crea una solitudine mentale difficile da penetrare e provoca una forma di dipendenza subdola che ci porta a considerare reale solo ciò che succede dentro le mura dell'ospedale. O meglio, ce lo fa percepire come un' iper-verità, in forma esplosa, più reale del vero, a colori più vivaci dello sfondo. Di notte, di sera, di guardia, sono i momenti in cui lo scavare nella vita di un malato

non buttiamoci giù

Incipit interessante, in questo libro di Hornby ( About a Boy, High Fidelity ): quattro persone si ritrovano la sera di Capodanno sull'orlo di un cornicione per metter fine ai loro giorni, ma iniziando a parlare cambiano idea e scoprono quanto il loro gesto fosse motivato da un grande attaccamento alla vita. Ognuno dei quattro prende a turno la parola e conduce la narrazione dal suo punto di vista, con l'adattamento stilistico del caso: fraseggio forbito per il presentatore televisivo di grido, slang da strada per la ribelle, dissennata figlia del viceministro dell'istruzione, lessico povero per il musicista fallito, linguaggio poco appariscente e consecutio traballante per la madre single di un ragazzo disabile. Purtroppo il ritmo non è mantenuto per tutto il romanzo, che verso la metà comincia a mostrare qualche crepa di impostazione e, in chiusura, lascia una sensazione di sospensione e incompletezzza. Buona prova di humour .

the host

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Wanderer è un' anima , una delle tante che hanno ormai invaso la Terra e informato i corpi mortali degli umani. Melanie era il vecchio possessore del corpo ora destinato a Wanda, e, invece di cederle la piazza, la sua mente rimane pervicacemente ancorata al suo antico guscio. Si confondono i pensieri, i ricordi, gli amori delle due; ogni giorno entrambe cercano una ridefinizione dei loro limiti corporei, litigando ma imparando prima a convivere e poi a volersi bene. Stephenie Meyer confeziona un grazioso libro di fantascienza, che si differenzia dal genere non tanto per la trama, quanto per averla trattata in modo intimista, a-spettacolare; come ci dice già nella dedica iniziale, la parte più bella di ogni storia è l'amore. Anche qui ci sono due personaggi maschili contrapposti, con qualcosa di già visto per chi già conosce la più famosa saga di Twilight: la novità sta nella contraposizione delle due protagoniste che si dividono un "appartamento" troppo angusto. Grazi

The twilight saga-New moon

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Il secondo film della serie si giova, rispetto al primo, di una restrizione temporale delle scene in cui compare l'emaciato, gastritico protagonista e di un regista più adatto al genere, quel Weisz che aveva già portato sullo schermo con acume La Bussola d'Oro. Citando un critico torinese, Guido Reverdito, tra le lacerazioni affettive dei vampiri e gli istinti protettivi dei licantropi c'è di che far suicidare Van Helsing, ma il risultato è qualcosa di -pur involontariamente- divertente. Come promesso, non sono andata a vedere al cinema questo ennesimo polpettone romanto-fantasy, ma due ore con un po' di pop-corn non si negano a nessuno. Salvabile la performance dell'attore che impersona Jacob, un po' deludente Alice, che sembrava l'unica calata nella parte nella prima puntata. Rassegnamoci all'inevitabile: ne parleremo male, ma vedremo anche il terzo...

pane e tempesta

Poetico e grottesco insieme, l'ultimo nato di Stefano Benni è il primo suo libro che ho letto, in una delle mie frequenti traversate transalpine ferroviarie. Un paesello sperduto è minacciato da un'ondata di produttività cementificia, e il riccone del paese ha deciso di far abbattere il vecchio Bar Sport, tradizionale luogo di ritrovo delle poche anime autoctone. Come potranno Nonno Stregone e i suoi compaesani a salvarlo dall'orrido destino della tramutazione in centro polifunzionale interno a super-iper-mega-mercato? Ci imbarchiamo così in una galleria di personaggi curiosi, storielle, poesiole e divertissement che invece di darci una risposta ci pongono domande: qual è il fine di salvare un vecchio bar decrepito? L'anima di un gruppo di amici, o piuttosto di un particolare periodo di tempo , si può cristallizzare in un locale? Cosa davvero ci manca quando giungiamo al tramonto della vita, come capita ad Archivio e al Nonno? e soprattutto: "quali sono le ventise