Hearth of the sea - Le origini di Moby Dick


Di R.Howard, con C.Hemsworth, T.Holland, C.Murphy, B.Winshaw, B.Gleeson. 2015

La storia di quando Melville, scrittore ancora poco stimato dal grande pubblico ("perché Hawtorne, quello si' che sa scrivere), arriva in una sera buia e tempestosa a chiedere ad un marinaio ormai vecchio cosa successe davvero alla baleniera Essex, i cui pochi sopravvissuti tornarono con una storia al limite dell'incredibile presto finita nel dimenticatoio. E il vecchio inizia, e "Chiamatemi Ismaele" fu.

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La storia c'era (e che storia). I mezzi c'erano (e che mezzi, oltre 100 milioni di dollari). Gli attori c'erano (e che attori, ne ho messi un bel po', il calibro si spreca). Gli effetti speciali c'erano (e che effetti, sembra tutto credibile). Pure il dettaglio macabro c'era (e che dettaglio... no spoiler).

Ma allora perché sembra di guardare un banale film d'avventura, senza ambizioni particolari? Tutto scorre, liscio come un pezzo di Pacifico senza brezza, e già solo da un pezzo di mare cosi' vengono fuori tante di quelle immagini che cominciano con La linea d'ombra e arrivano alla Ballata del Mare Salato e riempiono la mente con una potenza estasiante. 

Su questo primo traguardo non raggiunto, la restituzione dell'immaginifico scenario di ogni fantasia marina, sarebbe dovuta partire la riflessione sulla violenza che l'uomo perpetra pervicacemente sulla natura e quella, più spaventosa e iraconda e giusta, che la Natura restituisce all'Uomo, decuplicata, e incarnata dalla Balena Bianca. Traguardo non raggiunto, seconda parte: si intuisce una vaga intenzione in questo senso, tra la corruzione degli armatori di baleniere e la nuova scoperta del petrolio, ma dire che l'accenno è telefonato è ancora poco.

Non ho mai conosciuto un regista capace di sprecare mezzi, sceneggiatura e attori (e occasioni in genere) come Ron Howard. Tutto è grazioso, patinato, leccato, irrimediabilmente poco incisivo e privo di verità. Peccato, peccato.

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