Flags of ours Fathers

Di C.Eastwood, con R.Philippe e A.Beach, 2006

Durante la battaglia di Iwo Jima, alla presa del monte Surimachi, fu issata dai soldati una bandiera americana e il momento, immortalato, fece il giro dei focolari in patria. In un momento in cui la popolazone ha il morale decisamente a terra e le casse delle milizie sono vuote, lo Stato Maggiore riporta a casa tre dei sopravvissuti alla battaglia (durata 40 giorni), visibili nella fotografia, per riportare la speranza e convincere tutti ad uno sforzo economico per rimpolpare le finanze del ministero della Guerra.

Film raffinato, di costruzione complessa su tre piani temporali che pure si segue senza difficoltà di comprensione (c'è il presente, in cui il figlio dell'infermiere presente nella foto ricostruisce la storia e la riscrive; il passato più prossimo della tournée pro-bond dei sopravvissuti e infine il passato remoto -molto imperfetto...-della battaglia), resta una pellicola difficile perché amara e orribilmente dura.

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Non si puo' fare a meno di ripensare a 'Salvate il Soldato Ryan' nel realismo delle rappresentazioni di battaglia, ma là dove Spielberg, che qui è produttore, restava all'epoca profondamente antimilitarista e ancora ottimista verso l'essere umano, Eastwood ci mostra in modo molto ambivalente questo punto di flesso della storia recente: niente sbarchi semisegreti per liberare un intero continente, ma una mattanza di ragazzini impreparati e un dispiego di forze colossale per assicurarsi, metro dopo metro e cadavere dopo cadavere, uno scoglio nel Pacifico. Uno scoglio nudo e morto, il cui monte principale fa meno di 200 metri, con un profilo quasi marziano, che restituisce l'assurdità della guerra come un ceffone. 

Naturalmente, sul piano storico si comprende la necessità di una tale manovra, esattamente come sul piano umano la si trova repellente. Proprio questa profonda discrasia produce gli antieroi a malapena sopravvissuti che vediamo obbligati a prostituire la loro memoria per promuovere ulteriori sforzi dello stesso tipo.
Al contrario dei protagonisti di Spielberg, convinti delle proprie scelte e capaci di invecchiare più o meno in pace con loro stessi, i personaggi di Eastwood vivono gli effetti di scelte altrui (tipo la sostituzione della bandiera, la distribuzione di War Bond etc) cercando di barcamenarsi tra un oppressivo disturbo post traumatico da stress, il carico della gloria che non hanno cercato e la responsabilità di mansioni che non competono loro. Una vita dura...

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