Tess



Di R.Polansky, con N.Kinsky, L.Lawson, P.Firth. 1981



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Figlia di un contadino che scopre di avere ascendenze nobiliari, ormai lontane e non più supportate da pecunia, Tess viene costretta a ricongiungersi al ramo privilegiato, ma ne trae solo una gravidanza indesiderata e non protetta da uno statuto matrimoniale. Alla morte del bambino, vorrebbe rifarsi una vita in modo modesto e onesto, ma tutti gli angeli che incontra sul suo cammino sembrano in realtà solo pronti a saltarle addosso e a giudicarla.

Fedelissima trasposizione di Tess dei D'Urbervilles, è un film che merita davvero per il suo ritmo strano e lento che pero' non annoia, proprio come accadeva nel libro. L'afflato riflessivo che Thomas Hardy infondeva nella sua prosa è stato ripreso con efficacia e buon gusto: le pause, le lunghezze (non lungaggini) in cui la vita della protagonista si arena spesso; la persecuzione di una bellezza non richiesta e non esaltata, ma trascendente; l'onestà ai limiti della stupidità... vedendo la tragedia della stupenda pastorella inglese ho avuto davvero l'impressione di rituffarmi in quelle pagine, e ritrovare, in forma smagliante e sempre raffinata, quelle stesse emozioni, quei dubbi, quelle riserve che avevo provato ormai anni fa.

Forse non è un capolavoro, in sé, ma è una delle riduzioni cinematografiche più pertinenti e azzeccate che abbia mai visto, fedele al limite del filologico. Anche per questo, d'altro canto e a volergli fare le pulci, è privo di sorprese e di salti d'immaginazione insperati.
La Kinsky è di una perfezione da togliere il fiato, gli uomini sono bravissimi (tutti) a rendersi odiosi, da Angel -che per me avrà sempre la palma dell'uomo più ipocrita di tutta la letteratura anglosassone- al prete che si rifiuta di seppellire in terra consacrata il bimbo frutto di un amore illegittimo, nonostante -peraltro- sia stato regolarmente battezzato, per bigottismo duro e puro.

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