Le streghe di Eastwick

Tre amiche nella profonda provincia americana sono occupate a non soffocare e a gestire i figli avuti da matrimoni falliti. Una è scultrice (Cher), una musicista (S.Sarandon) e una giornalista sulla testata locale (M.Pfeiffer) e tutte sono ugualmente infelici e insoddisfatte e poco considerate dalla comunità bigotta e ipocrita di Eastwick. Fin qui la rappresentazione grottesca tratta da Updike funziona benissimo e strappa più di un sorriso. 
Poi arriva Daryl (J.Nicholson), un diavolo un po' disgustoso e molto sopra le righe che le seduce e le mette incinte tutte e tre. Di qui in avanti il cocktail si deteriora progressivamente, un po' per l'eccesso di kitsch, un po' per l'eccesso tout court. E' l'eterno problema di Nicholson, ogni cosa fatta da lui, specialmente in quel periodo, ha sempre la stessa pecca: troppo, troppo, troppo. Quando le tre donne decidono di ribellarsi al demone che tanto hanno coccolato ormai il film è tracimato in una ridondanza stucchevole, e lo spettatore ne esce nauseato.
Un aspetto interessante è la distribuzione dei ruoli. Ci sono la comunità opprimente e beghina, il satanasso sporco e maligno, ma non ci sono i buoni. Le tre protagoniste, lungi dall'essere delle vittime incolpevoli, sono arroganti, presuntuose e impestate quanto il loro antagonista. E fanno sì che io mi chieda: ma allora, qual è il significato di questo film? E l'epilogo, che vorrà mai dire?


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