Hugo Cabret


Lo Hugo del titolo è un piccolo gavroche, uno degli orfani della vecchia Parigi, che dopo la prematura scomparsa del padre si arrangia come può, tra piccoli furti perlopiù di croissants e la manutenzione degli orologi della Gare de Lyon. Mentre cerca di restaurare il prezioso e complesso meccanismo di un automa che il papà aveva salvato da un magazzino di un museo, conosce Isabelle e i suoi genitori putativi, Jean e George, che di cognome fanno Méliès. Comincia per lui il viaggio nel sogno, l’insieme misterioso di ombre che affolla le nostre menti esauste per distinguerci come umani, e nel percorso di autodeterminazione. Se, infatti, nucleo della nostra vita è trovare il nostro scopo –le persone più realizzate e felici non sono quelle che lo ma coloro che lo conoscono e lo perseguono con determinazione e serenità- non si può prescindere dal sogno, che ci indica il cammino. Esistono fra noi esseri luminosi il cui scopo è creare, alimentare e coccolare i sogni delle persone, cosicché possano sbocciare come fiori: Méliès è stato uno di questi, non solo un pioniere dell’arte cinematografica, ma un uomo convinto che il mondo sarebbe stato migliore se avessimo contribuito a coltivare il sogno, la bellezza e la poesia nelle vite di tutti.
Sebbene parta un po’ in sordina, e non sia stata sconvolta dai bambini che interpretano i piccoli protagonisti, ho trovato il film molto delicato e piacevole. Ho apprezzato soprattutto Ben Kingsley, sempre un bravo istrione, e mi è piaciuta la figura macchiettistica dell’ispettore ferroviario con il sorriso di un trisma tetanico, interpretato da S. B. Cohen. Belle le immagini e i colori molto blu, un po’ sprecato Jude Law che compare per una manciata di minuti nel ruolo del papà (secondo me sarebbe stato ottimo al posto della guardia di stazione). Ora che l’ho visto posso dire con certezza che è inferiore a The Artist, a lui spesso contrapposto in occasione dell'Academy, ma è sicuramente un bel film, girato da uno Scorsese ancora innamorato del suo lavoro.

Commenti

  1. concordo
    THE ARTIST (omaggio francese alla Hollywood del tempocheffù) meritava l'oscar più di questo omaggio anglosassone a Meliès
    ma è pur sempre un filmone!!!
    tra i tanti attori dell'ottimo cast ho riconosciuto facce potteriane ("zio Vernon" Griffiths e "Olympe" De la Tuor); penso che alla fine del film siano partiti per Hogwarts al binario 9 e trequarti

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  2. Forse 'The Artist' è più 'film', senza dubbio è un'opera che rasenta la perfezione. Però 'Hugo' è un film magnificamente sincero, sentito, commovente. Un film per ragazzi che piace soprattutto agli adulti e, in particolare, ai cinefili 'veri', che sanno bene chi era George Mèliés. Il vero inventore della Settima Arte, colui che fece assurgere il cinema a fabbrica dei sogni. Chi conosce la storia di Méliés non potrà non commuoversi vedendo questo film, e ringrazierà Scorsese per il suo continuo impegno che profonde nel ribardirci l'importanza del passato, dei ricordi e della memoria.

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  3. "Hugo Cabret" non mi appassionò quando andai al cinema per guardarlo.
    ne apprezzai indiscutibilmente la finezza scenografica e la regia tutt'altro che scontata, così come il buon "Borat" nelle vesti improbabilmente educate di un gendarme dalla gamba di legno...
    il confronto con "The Artist" lo vede tristemente soccombere... non c'è la stessa interpretazione dei personaggi, e poi l'innovativa idea retrò del muto bianco e nero... insomma imparagonabili

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