Jane Eyre

Una ragazza si aggira al tramonto, fradicia di pioggia, nella moorland inglese. Balbettante, viene soccorsa da un pedante parroco attorniato dalle sue sorelle, ed è finalmente in forze sufficienti a ripescare dal suo passato recente quei ricordi che spiegano come e perché è giunta fino a lì.


Orfana e povera, è stata educata a Lowwood, dove la sua più cara amica le è morta fra le braccia. Sola al mondo, soprattutto affettivamente, accoglie con gioia il suo primo impiego di istitutrice a Thornfield ("Campo di spine"), ma sogna la libertà che ad una donna indigente del suo tempo non era concessa. Nella sua nuova casa incontra la benevolenza (Mrs Fairfax) e la passione (Mr Rochester), ma il suo amore ha un grande ostacolo, che si aggira nelle notti fredde di vento e di brughiera, ha lunghi capelli neri e occhi blu e labbra rosse di demone e un'ossessione feroce.



La protagonista ambisce all'indipendenza e alla libertà di un uomo, non quella che un uomo potrebbe darle in veste di marito, traduce in dipinti le immagini crepuscolari dei suoi sogni più intimi, ma è ancora legatissima al senso di decoro e di solidità rappresentati dalle strutture tradizionali (e perciò, attenzione, spoiler, non può accettare la bigamia). Il suo Edward è uno scapigliato dandy, dalla carica sensuale non indifferente, che l'ha impiegata per formare una figlia nata nel concubinato con una ballerina francese e non si potrebbe allontanare di più dall'omonimo Edward, ma Ferrars, di Ragione e Sentimento, senza tuttavia raggiungere la follia e la malvagità di Heatcliff. Jane Eyre è l'anello di congiunzione tra l'immaginario di Jane Austen, composto e formalizzato, ove ogni pulsione è passata al vaglio della ragione, e quello di Emily Bronte, pregno di scenari di incubo e spettri lacerati.



Come risolse Charlotte i dilemmi della sua eroina? Frustrata nei suoi desideri e nel suo amore ella fugge per lande desolate (Marianne-Dashwood-like), dove trova un pretino prontissimo a reinserirla forzatamente in un filone di pensiero tardo settecentesco (Mansfield Park, il già citato Edward Ferrars), preferisce coltivare l'indipendenza (Emma), anche a costo di

lavorare duramente (The Watsons) e ATTENZIONE SPOILER -incredibile ma vero- nel finale si riprende l'uomo dei suoi sogni, ormai povero e cieco, che ora è in grado di mantenere, avendo ereditato una fortuna, ma soprattutto sapendo che è capace di badare a se stessa, anche economicamente. Con un percorso che parte dalla zia Jane e arriva ad una forma di protofemminismo, insomma.


L'ultima versione cinematografica è ben fatta, ottimamente recitata e fotografata, trovo che traduca meglio in immagini le intenzioni dell'autrice rispetto al precedente patinato di Zeffirelli, fedele ma freddo, che si salvava solo per la prova di C. Gainsbourg (W. Hurt era più che dimenticabile). Mia Wasikowska non è
tra le mie attrici preferite -mi disturba esteticamente, e con quella capigliatura mortificante è inguardabile- ma lavora con impegno al fianco di M. Fassbender, molto sexy e persuasivo, e della grandissima J. Dench.

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