Vallanzasca



Ascesa e dubbie fortune di uno dei più famosi briganti della Milano degli anni Settanta-Ottanta. Renato Vallanzasca è un uomo affascinante, desideroso di ricchezza, che inizia la sua carriera da malfattore come rapinatore di banche, insieme ad un gruppo di compagni. Ha uno spiccato lato “gentiluomo”, di norma nessuno muore nelle rapine organizzate da lui, finché il lato violento dell’epoca non prevale, e il sangue comincia a scorrere insieme alla sete di potere e al sogno di prevalere sulle altre bande locali dell’epoca. Iniziano così i primi incontri-scontri con Francis Faccia D’Angelo Turatello, le sparatorie contro le forze dell’ordine, i rapimenti a scopo di riscatto (con un curioso penchant per il benessere dell’“ospite”), la galera, le evasioni. Proprio in prigione Francis e Renato stringono una curiosa alleanza, sancita dal matrimonio di Vallanzasca, cui Francesco fa da testimone.
Il film non è male, ha il suo maggior pregio nell’ottimo senso del ritmo, e vanta un cast solido tra cui spicca Kim Rossi Stuart, ancora bello e sempre più bravo; rispetto al grande noir del decennio, Romanzo Criminale, siamo però su un gradino decisamente inferiore, sia per sceneggiatura che per regia. Molti hanno accusato il regista Michele Placido di compiacimento nel rendere eccessivamente simpatico il protagonista, ma trovo che questo malandrino susciti più pietà che emulazione, con i suoi deliri di autogiustificazione riassunti in quella battuta un po’ troppo à la Anakin Skywalker, io non sono cattivo, è che ho un lato oscuro un po' pronunciato...

Commenti

  1. Quoto, io non ho notato questo buonismo in Vallanzasca, anzi mi è sembrato veramente un matto!!

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