Le ceneri di Angela


Leggere una storia sapendo che è vera riempie sempre un po' del sacro terrore che si prova nell'avvicinarsi alle confidenze intime di qualcuno che non conosciamo.

Frank ha solo tre anni e comincia ad archiviare i suoi ricordi consci di un'infanzia triste perché povera, irlandese e cattolica. E questo mix, come ci dice subito, è peggio del peggio. Praticamente un purgatorio permanente. La sua vita familiare è dominata da una madre remissiva e dolce, ma poco autorevole, Angela, e un padre incapace di mantenere un lavoro che scialaqua al bar i pochi scellini del sussidio senza curarsi dei figli che muoiono di stenti uno dopo l'altro. Curiosamente nessuno dei bambini riesce ad odiare questo genitore snaturato che alla fine li abbandona senza un addio e per tutta la loro infanzia li ha costretti a cantare inni patriottici e promettere di morire per l'Irlanda.

Dall'America Angela trascina la famiglia a Limerick, ma è il sogno americano che Franck continua a coltivare in segreto, come un'ossessione, fino a realizzarlo e guadagnare il Pulitzer con questo racconto fresco, vero, tragico e ridicolo come solo la realtà sa essere. Sono in pochi a riuscire a scorticare così la vita quotidiana da ogni orpello teatrale fino a restituirle l'ironia tagliente, l'assurdo, la crudeltà e la pietà di cui è intrisa. Ci riesce I. Allende con l'aiuto del soprannaturale sudamericano, ci riesce F. McCourt con l'assurdo del limerick, la poesia folle per eccellenza, che a differenza dell'haiku non è mai diventata chic.

Magnifica la rappresentazione di un cattolicesimo fondato sul senso di colpa, una prova sublime di arte grottesca, durissima la fotografia della Fame, della miseria che conduce una donna orgogliosa a mendicare e un ragazzo intelligente a sopravvivere con le unghie e con i denti.

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