Solo un padre


Luca Argentero è un vedovo con figlioletta di dieci mesi a carico; medico, come lo era anche la moglie, circondato di amici e dall'affetto dei genitori, non riesce purtuttavia ad elaborare il lutto -e chi ci riuscirebbe? questi romanzieri/sceneggiatori che ti fanno percepire come strana e avvilente una cosa del tutto normale sono un po' alienati... sono passati dieci mesi, mica dieci anni!-e si trascina tra studio, casa e appuntamenti combinati con una ragazza asfissiante.
In questa routine irrompe Camille, ricercatrice di neuroscienze che ha abbandonato la nativa Francia e la fabbrica di tè di famiglia per venire a fare la fame in Italia -in effetti non riesco ad immaginare in questo momento un paese più improbabile per andare a cercare fortuna facendo il ricercatore in quest'ambito...- e rischiare di morire in un incidente domestico. Ah, dimenticavo, anche per incontrare il chirurgo plastico dei suoi sogni.
Il film è grazioso, non lamentoso, poetico e Luca Argentero mi piace davvero molto.
Ciò detto, mi è dovere segnalare un paio di boutades mediche assolute, tipo "l'emoglobina non coaugulava più il sangue" -ehhhh? mi si sono aggricciati i nervi!- o il tentativo di defibrillazione di un'asistolia, il ritmo NON DEFIBRILLABILE par excellence. Acme del ridicolo involontario quando, in ambulanza, il soccorritore del 118 chiede al protagonista se è medico e lui risponde "Sono dermatologo": ecco, con il massimo rispetto per i dermatologi, quando hai una ragazza in asistolia sulla barella, non è la risposta che speri di sentire.

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