il gioco dell'angelo

Parte bene questo secondo best-seller di Zafòn, con un giovane scrittore pronto a fare follie per affermare i suoi scritti. Il protagonista è simpatico, volenteroso; scoviamo già qualche personaggio ambiguo che potrebbe essere un aiutante o un antagonista: Vidal sarà davvero buono e disinteressato come dice di essere? e una ragazza perfetta per scatenare quelle passioni sempiterne per cui un uomo –pare- sia disposto a morire col sorriso sulle labbra. Poi l’incontro con un misterioso editore francese e una miracolosa guarigione da un male incurabile trascinano la narrazione su un piano onirico che affascina dapprima, ma velocemente irrita per la sua ripetitività, di temi e di stile –tutto fondato sull’odore della polvere da sparo e silenzi come respiri di una maledizione (ma che vuol dire? E poi, la prima volta la locuzione è esotica, la decima è noiosa). A peggiorare la situazione, arrivati ai due terzi del racconto è facile accorgersi che i conti non tornano nell’intreccio e che molto viene lasciato al caso, nella speranza che il lettore –anestetizzato dal respiro della maledizione, che deve essere alquanto fetido- non lo noti.
Unico personaggio vitale e positivo è la giovane Isabella, madre di quel Daniel Sempere poi protagonista dell’Ombra del Vento. Ecco, se volete leggere un bel libro, questo è quello che cercate.

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