Total Recall - Atto di forza
Di P.Verhoeven, con A.Schwarzenegger, S.Stone, R.Cox. 1990
Douglas di professione spacca pietre, ha una bella moglie bionda e di notte fa strani sogni di una vita a lui estranea, su Marte, con una bella mora a lui ignota e un lavoro pericoloso. Frustrato da questi incubi (in cui muore molto male, peraltro), finisce per convincersi a farsi impiantare una bella memoria di un viaggio esotico su Marte, in qualità di agente segreto, e scopre che i suoi ricordi sono già stati pesantemente manipolati.
Guardando oggi questo film, mi rendo conto di quanto fossero orribili i vestiti e le capigliature della fine degli anni Ottanta, e cosa fosse un buon film di fantascienza, ben girato, con un po' di ambizioni filosofiche ma non troppe e dell'azione vera. Stupisce anche il livello di violenza, grafica, grottesca, irreale e spudoratamente divertente, ma non so se sia legata al periodo storico o al regista, che non è mai stato per l'understatement quando si tratta di spargere sangue e cavare bulbi oculari dalle orbite. Il che non impedisce delle trovate divertenti e innovative come i metal detector a raggi X (oggi usati in tutti gli aeroporti del mondo), bellissimi da guardare, o anche solo l'entrata in metro in corsa attraverso un finestrino aperto a pugni. Niente da fare, oggi una scena d'inseguimento cosi' non la fa nessuno, neanche più Emmerich.
Philip K.Dick è l'autore del racconto che ha ispirato il film, e gli immaginari, un po' lugubri e non perfettamente rassicuranti, sono tipicamente suoi, cosi' come l'incertezza finale su ciò cui abbiamo assistito (è un sogno od è realtà? canterebbe qualcuno, anche perché verso la fine la trama cominci a pasticciarsi, con dei marziani alieni che hanno lasciato degli antichi reattori che nessuno conosce ma si attivano come se fossero stati preparati giusto ieri): gli stessi dubbi e lo stesso meccanismo a serpente che si vedeva già bene in Blade Runner. E il sequel sarebbe dovuto essere Rapporto di Minoranza... ma amo cosi' tanto il Minority Report di Spielberg che sono felice che l'altro non si sia fatto.
Come in altri film tratti da suoi lavori, gli universi si sono evoluti, ma le condizioni di vita del popolino non sono particolarmente migliorate: c'è violenza nelle strade, gli uomini sono ancora costretti a lavori faticosi quando non degradanti, le donne non sono esenti da un certo ruolo di "oggetto del desiderio" piuttosto retrivo.
Tra i molteplici debitori di questo film, un po' negletto dalla critica chic, troviamo Memento (con la sua riflessione su come la memoria condizioni le notre azioni) e Matrix (la scena dell'estrazione della cimice innestata nel corpo del protagonista), Paycheck (l'idea di lasciarsi la valigia con gli indizi) e molti altri ancora, e non c'è manifestazione più certa della riuscita di un film dell'osservazione che è stato di ispirazione a molti altri lavori successivi.
Douglas di professione spacca pietre, ha una bella moglie bionda e di notte fa strani sogni di una vita a lui estranea, su Marte, con una bella mora a lui ignota e un lavoro pericoloso. Frustrato da questi incubi (in cui muore molto male, peraltro), finisce per convincersi a farsi impiantare una bella memoria di un viaggio esotico su Marte, in qualità di agente segreto, e scopre che i suoi ricordi sono già stati pesantemente manipolati.
Guardando oggi questo film, mi rendo conto di quanto fossero orribili i vestiti e le capigliature della fine degli anni Ottanta, e cosa fosse un buon film di fantascienza, ben girato, con un po' di ambizioni filosofiche ma non troppe e dell'azione vera. Stupisce anche il livello di violenza, grafica, grottesca, irreale e spudoratamente divertente, ma non so se sia legata al periodo storico o al regista, che non è mai stato per l'understatement quando si tratta di spargere sangue e cavare bulbi oculari dalle orbite. Il che non impedisce delle trovate divertenti e innovative come i metal detector a raggi X (oggi usati in tutti gli aeroporti del mondo), bellissimi da guardare, o anche solo l'entrata in metro in corsa attraverso un finestrino aperto a pugni. Niente da fare, oggi una scena d'inseguimento cosi' non la fa nessuno, neanche più Emmerich.
Philip K.Dick è l'autore del racconto che ha ispirato il film, e gli immaginari, un po' lugubri e non perfettamente rassicuranti, sono tipicamente suoi, cosi' come l'incertezza finale su ciò cui abbiamo assistito (è un sogno od è realtà? canterebbe qualcuno, anche perché verso la fine la trama cominci a pasticciarsi, con dei marziani alieni che hanno lasciato degli antichi reattori che nessuno conosce ma si attivano come se fossero stati preparati giusto ieri): gli stessi dubbi e lo stesso meccanismo a serpente che si vedeva già bene in Blade Runner. E il sequel sarebbe dovuto essere Rapporto di Minoranza... ma amo cosi' tanto il Minority Report di Spielberg che sono felice che l'altro non si sia fatto.
Come in altri film tratti da suoi lavori, gli universi si sono evoluti, ma le condizioni di vita del popolino non sono particolarmente migliorate: c'è violenza nelle strade, gli uomini sono ancora costretti a lavori faticosi quando non degradanti, le donne non sono esenti da un certo ruolo di "oggetto del desiderio" piuttosto retrivo.
Tra i molteplici debitori di questo film, un po' negletto dalla critica chic, troviamo Memento (con la sua riflessione su come la memoria condizioni le notre azioni) e Matrix (la scena dell'estrazione della cimice innestata nel corpo del protagonista), Paycheck (l'idea di lasciarsi la valigia con gli indizi) e molti altri ancora, e non c'è manifestazione più certa della riuscita di un film dell'osservazione che è stato di ispirazione a molti altri lavori successivi.
Remake? Quale remake? come direbbero qui ... mais c'est PAS vrai!!!! Verhoeven ha tutti i suoi limiti, ma aveva uno stile, una grinta, un'originalità e un coraggio che il blockbuster medio di oggi si vergogna solo a pensarci. Grazie di essere passato!!
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