Basic instinct

Di P.Verhoeven con S.Stone, M.Douglas, J.Tripplehorn. 1992

Indagine di polizia su un efferato assassinio a sfondo sessuale, perpetrato con insolita arma impropria, un rompighiaccio. Gli indizi sembrano condurre ad una bionda, conturbante e ricchissima psicologa, abile manipolatrice, allergica alla biancheria intima, di gusti sessuali eterodossi. Il principale investigatore cede al suo fascino e si trova abbastanza incastrato nel dubbio paralizzante che l’assassina sia in realtà a lui molto più vicina.

Di questo film è stato detto peste e corna, la critica lo ha massacrato per vent’anni, accusandolo di gratuità nelle scene di sesso, eccessiva violenza, trama convoluta. Senza dubbio il senso della misura non è stato contemplato dall’autore, e ci sono parecchi accenti di kitch sparsi qua e là. Inoltre la storia del rompighiaccio è francamente ridicola: non solo l’attrezzo non mi sembra particolarmente adatto per un omicidio, ma –soprattutto- quando mai l’ho visto impiegato nell’uso domestico per fare i cubetti da drink? Qualcuno avrebbe dovuto informare il regista che non ci sono più i blocchi di ghiaccio da mezzo metro da comprare all’angolo di strada almeno da sessant’anni, e che per circa 1 € al mercato ti danno due o tre formelle per ghiacciolini.

A parte questi limiti, se vogliamo venali, il film mi è piaciuto, con mia grande sorpresa (magari al prossimo giro “guilty pleasures” ce lo infilo). La suspance è notevole (nonostante conoscessi fin dall’inizio l’identità dell’assassina, mi sono chiesta più volte se in realtà non fosse questo o quel personaggio e ricordassi male), le riprese e le inquadrature non sono malvagie e la colonna sonora più che decente.

Ma con queste gambe (che ce le ha solo lei), questo seno
(che ce l'ha solo lei), e questa faccia (che ce l'ha solo lei)...
voi le guardate lì in mezzo (che più o meno è UGUALE per tutte)??
C’è una divertente esasperazione della poetica della femme fatale e di un po’ tutta l’estetica degli anni Ottanta: ville lussuosissime, automobili eccessive, capelli sbionditi all’ammoniaca, cocaina, erotismo esibito –compreso l’orrendo specchio a soffitto-, abiti raffinati (italiani). Tutto però sembra esausto, già fallimentare e ripiegato su se stesso, senza la carica sfrontata e positivamente aggressiva dello yuppismo. Estrema prova di ciò sia che, al termine della vicenda, l’assassina se ne va in giro per il mondo impunita, con al fianco il debole protagonista che è perfettamente a conoscenza della verità.


M.Douglas è un bravo attore, ma il suo personaggio è ingrato: poliziotto nevrotico, incapace di controllo degli impulsi, bevitore, fumatore, grilletto facile, preda di sensi di colpa per gli errori del passato, non sa fidarsi di chi lo ama ma con una presunta assassina è finalmente a suo agio. S.Stone al contrario ha un personaggio talmente sopra le righe da essere probabilmente spassoso da interpretare ed è indubitabilmente bellissima, anche se la famosa scena delle gambe accavallate mi ha fatto sorridere: di sconcertante non c’era tanto il cavallo della signora, quanto l’espressione attonita e il volto sudato degli uomini che pendevano dalle sue… labbra. Se loro sono così babbei, perché mai non approfittarne e prendersene gioco, come ha fatto spietatamente il regista?

Commenti

  1. a me sembra un film femminista (un femminismo americano): maschi scemi oltre ogni limite, femmine onnipotenti e autosufficienti (come la mantide si mangiano il partner dopo il sesso)
    il successo del film ha portato a un sequel decisamente peggiore

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  2. Come dici tu, un femminismo deviato e ipersemplificato, con donne intelligenti ma malvagie e malate e uomini stupidi e creduloni. Il sequel no, non ci voglio neanche pensare :)

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  3. Mah, io mi sono annoiata tantissimo e il povero Douglas fa davvero la figura del povero pirla ingrifato. Un filmetto che risente del tempo e che ancora oggi basa la sua fama su qualcosa che ormai non scandalizza nemmeno più! :D

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