Jacques il fatalista e il suo padrone
Jacques e il suo padrone sono in viaggio e si tengono compagnia chiacchierando, il che non è un problema poiché il servo è l'uomo più loquace del suo tempo. Facendo il verso al Tristram Shandy, partiamo da una ferita di ginocchio che porterà Jacques a tessere i suoi amori e anche a sviluppare la sua peculiare filosofia, del "è tutto scritto lassù".
Da un lato Diderot costruisce un divertente protoromanzo in cui si fa beffe degli schemi compositivi dell'epoca e mette alla berlina gli intrighi amorosi, i militari di carriera, i poeti pretenziosi e soprattutto gli ipocriti papaveri della chiesa. All'interno di una struttura molto flessibile, in cui lo scrittore dialoga con il lettore in un approccio molto moderno che mi ha ricordato Calvino, la storia di Jacques è continuamente frammentata da imprevisti "a cassetto" dentro cui si inseriscono narrazioni brevi in forma di novella. Sono tali gli stralci più famosi del romanzo, dalle vicende della contessa di Pommeraye (che riprende un po' le Relazioni Pericolose, gran classico dell'epoca)a quelle del prete infingardo Hudson, dalla triste verità sul talento del poeta di Pondichery al malandrino simpatico Gousse.

Molto divertente, davvero da considerare anche per chi, come me, di solito non apprezza troppo la letteratura illuminista, un po' perché si copre di un razionalismo pretenzioso, un po' perché questi autori saccenti spesso sono francamente irritanti. E invece, Diderot col suo buon senso e il suo umorismo, mi ha sorpreso positivamente.
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