Austenland

Jane ha vissuto una vita all'ombra di Mr Darcy, in particolare dalla sua incarnazione BBC: il miraggio di Colin Firth in una camicia zuppa la perseguita e le impedisce di vivere serenamente una storia d'amore decente. Una sua vecchia zia facoltosa le lascia in eredità una vacanza a Pembrook Park, UK, dove tutto è ricostruito come nel 1816 e attori ben addestrati fanno vivere le ospiti in un'atmosfera a metà tra il sogno austeniano e il gioco di ruolo. Tutta rivestita di crinoline Regency, cominciando dai mutandoni, Jane si districa tra il vivere l'esperienza da fiaba offertale e il non innamorarsi di un fantoccio che recita un amore di carta inchiostrata.
L'idea di partenza è molto carina, ma il risultato è rovinato dalla scontatezza dello sviluppo dell'intreccio e, soprattutto, dalla prosa opaca e un po' sciatta di S. Hale. In particolare il ventaglio lessicale e il periodare restano di livello liceale, salvo qualche sprazzo di luce nei dialoghi finto-ottocenteschi, comunque lontanissimi dalla produzione di Zia Jane.
Anche i protagonisti maschili sembrano macchiette ricalcate in modo parodistico dai meravigliosi, immortali uomini che continuano dopo duecento anni a conquistarci: Mr Darcy, il Cap. Wentworth, Mr Knightley e, perché no, Willoughby e Wickham. 
Un'occasione sprecata, che apparentemente verrà presto tradotta anche in pellicola. Non vedo l'ora...

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