Blade Runner

Un classico che non avevo mai visto ha incrociato la mia strada proprio pochi giorni fa. Si tratta senza dubbio di un film rimarchevole, con molti pregi e altrettanti difetti.
In un futuro prossimo gli umani hanno dato vita ad intelligenze artificiali più forti e scaltri dei loro creatori, dotati di sentimenti e poco longevi: quest'ultimo tratto genetico, dettato dalla prudenza, dovrebbe mettere al sicuro gli uomini dall'ira che inesorabilmente sorgerà nelle creature progettate a scopo di sfruttamento. Quando sei androidi abbandonano i loro ranghi, la polizia centrale, onnipresente come un Grande Fratello, ripesca Decker,un cacciatore a riposo, perché li "pensioni". Gli AI si aprono un varco sanguinoso fino al loro creatore, da cui sperano di poter ottenere una speranza di vita normale: sono stanchi di vivere nel terrore, di non poter disporre di sé, di avere ricordi fasulli innestati nella mente, di non aspirare se non a pochissimi anni di esistenza. Durante la sua missione Decker incontra un'androide intelligente che lo aiuta , se ne innamora e scappa con lui dopo la morte dell'ultimo fuggitivo, ma quanto durerà questo amore? Lei non può sperare di vivere molto... e, d'altronde, chi può dire di vivere davvero in un mondo oppresso dalla paura?
Harrison Ford, reduce dai ruolo di Hans Solo e Indiana Jones, è perfetto per il ruolo del segugio malinconico e solitario, Rutger Hauer altrettanto perfetto per l'umanoide disperato, irato, sconfitto.
Di grande effetto poetico alcune scene cruciali, prime tra tutte il confronto dell'umanoide con il suo creatore e il famoso monologo "ho visto cose che voi umani non potete immaginarvi..." che vale da solo i novanta minuti del film.
I lati negativi: la trama del film è un po' confusa e la successione delle sequenze non si svolge con eleganza, rendendo il tutto un po' macchinoso. Volutamente il regista crea un ambiente irreale smaccatamente fasullo, pieno di inverosimili toni blu e fumi opachi, senza bellezza, soffocante. Nonostante l'intento riuscito di creare un senso di straniamento, non apprezzo né le scelte stilistiche né la resa esteriore di questo futuro prossimo, pieno di abiti brutti, poco fantasiosi, di ambienti rozzi e labbra laccate.
Ultimo spunto: alcuni, tra cui il regista Ridley Scott, sostengono che Decker in realtà sia uno degli androidi fuggiti, ricatturato e riprogrammato per dare la caccia agli altri: infatti se così non fosse non avrebbe la prestanza fisica per reggere gli scontri diretti con Rutger Hauer e perderebbero di senso alcune sequenze dal significato oscuro. Io voto per questa opzione... e voi?

Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Un film à la réputation un peu usurpée selon moi, mais qu'il faut voir pour comprendre une certaine vision de la science-fiction: vision déprimante d'un futur proche tel qu'on le voyait dans les années 80.H Ford porte heureusement le film à bout de bras !

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  3. Ma il dubbio su Decker non è mai stato chiarito???? Se questa cosa è vera allora aumenta il livello di culto per questo film.
    Questo ed altri film sono nelle nomination del quarto questionario (1983) del Torneo degli Oscar, in cui si arriverà ai premi (non tutti) “denoaltri” blogger. Se sei d’accordo,e se non vuoi votare gli altri Oscar, inserisco automaticamente il tuo voto per questo film in tutte le categorie nel tabellone. Commenta qui o nel mio blog.

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  4. Dimenticavo:
    http://iltorneodeglioscar.blogspot.com/

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  5. Io non ho in effetti mai trovato la parola fine all'annosa questione del film: umano o no?
    Però se tu trovassi una pezza affidabile, fammi sapere! sono andata sul tuo blog, ma non sono riuscita a commentare: riproverò! A presto

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    1. Sto commentando un articolo vecchissimo perchè un po' alla volta mi sto leggendo il tuo blog. Mi piace assai come scrivi.
      Comunque, per tornare in tema, non vorrei sbagliare, ma nel libro da cui è tratto il film Decker faceva un sogno che solitamente facevano gli androidi (mi sembra avesse a che fare con un unicorno) e questo potrebbe essere un indizio che indica la non-umanità del personaggio.

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