E,T.

Di S.Spielberg, con H.Thomas, D.Barrymore. 1982.




California, inizio anni Ottanta. Una navicella arrivata dallo spazio profondo per studiare i nostri vegetali, ripartendo verso casa lascia indietro uno dei suoi, che cerca di scappare dai militari terrestri e finisce in casa di un ragazzino, Elliot. A lui e ai suoi due fratelli spetta aiutarlo a tornare a casa.

Continua con questo film una visione particolare, intima e sognante, della fantascienza, che il regista aveva già iniziato con Incontri ravvicinati del terzo tipo. Ancora di più qui il fuoco della sceneggiatura è fissato sull’apertura al diverso e sull’amicizia, esplorate in quell’età tardo infantile che, ancora satura d’innocenza, è più pronta e disponibile. Anche in questo caso molti sono i tratti autobiografici, dal divorzio recente che divise i genitori del piccolo Steven all’alieno immaginario che gli fece compagnia in questo frangente. Nell’infanzia e nel sogno raggiungiamo il massimo grado di libertà, che impieghiamo tutto il resto della vita a raggiungere nuovamente: la scena delle rane che saltellano per tutta la classe è incredibilmente vitale e liberatoria, oltre che esteticamente bella. Tra Elliot e E.T. si instaura una dolce “corrispondenza di sensi” che ha sì qualcosa di inspiegabile, ma anche molto quotidiano. È la vera empatia che si crea tra due amici, di qualunque razza e cultura. Invece gli adulti sono sbiaditi, tra professori impotenti, scienziati intelligenti ma poco incisivi e la mamma, incredibilmente assente, distratta dalle sue cure quotidiane, con tre figli e abbandonata dal marito (non si accorge nemmeno di E.T. nonostante la piccola Drew Barrimore glielo presenti formalmente accanto al frigorifero). 

C’è inoltre un grandissimo amore per il cinema, il mezzo visivo che ha aumentato di una dimensione il nostro vivere quotidiano: alcune trovate sono spettacolari, come il bacio del protagonista ad una compagna, mentre è “attraversato” dallo spirito di John Wayne. Autocitazioni sono sparse un po’ in giro, così come vari omaggi alla saga di Guerre Stellari del collega e amico Lucas. J.William prosegue la collaborazione lunga una vita con Spielberg, e ogni volta era un nuovo centro. Nei temi di E.T. c’è già in nuce anche la melodia che venticinque anni dopo riutilizzò per la colonna sonora di Harry Potter.

Infine non si può non parlare di E.T. stesso, l’adorabile extraterrestre dagli occhioni iperespressivi, dotato di gran sense of humour e da un sentire raffinato, dove la nostalgia di casa si fonde con la malinconia per l’addio che si profilerebbe se mai riuscisse a ritornare sul suo pianeta. Tutta questa gamma di emozioni sottili in un esserino adorabilmente brutto, completo di collo telescopico, che nelle intenzioni dell’autore doveva somigliare ad una tartaruga ma senza il guscio. Io trovo bellissima anche la sua nave spaziale, che mio marito mi dice essere stata disegnata da Ralph McQuarry (che peraltro aveva già disegnato quella bellissima e imponente di Incontri Ravvicinati), mentre a me ricorda tanto un uovo Fabergé.

Che dire, non solo io l’ho adorato, ma non ho mai conosciuto nessuno cui non sia piaciuto.

Commenti

  1. hai detto bene
    ET (il pupazzo) è adorabilmente brutto; il messaggio profondo è che anche i brutti (quelli che non rispettano gli stereotipi della moda) possono essere amati
    infelici i bambini che non l'hanno visto (ma sono sempre in tempo...)

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    1. No, non infelici: ancora una meraviglia li attende sul loro cammino :)

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