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Visualizzazione dei post da aprile, 2012

La finestra di Orfeo - Orpheus no mado

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Ryoko Ikeda è forse la più grande mangaka di cui abbia mai letto le opere e il suo Orpheus rappresenta l'acme della sua produzione, sia dal punto di vista grafico che da quello della complessità della trama. Appassionata storica, con una notevolissima preparazione in ambito europeo, ci porta per mano nella Mitteleuropa dei primi trent'anni del Novecento. Cominciamo da Ratisbona, bagnata dalle gelide acque del Regen e da quelle più torbide del Danubio, dove facciamo conoscenza con il solito trio di comprimari: stavolta sono due lui (il biondo, Klaus, e il bruno, Isaak) e una lei che per motivi testamentari deve fingersi un lui (Julius). Tutti e tre studiano al conservatorio e la leggenda della scuola vuole che due amanti che si incontrano scorgendosi dalla finestra "di Orfeo" siano destinati ad amarsi appassionatamente ma tragicamente. Sia Klaus che Isaak vedono Julius di là e non tardano a scoprire la sua natura femminile, fragile e oscura (alla tenera età di sedici a

La Gabbianella e il Gatto

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Una gabbiana sta migrando verso Nord con il suo preziosissimo carico: porta un uovo, che deporrà all'arrivo. Sarà anche il suo ultimo successo, prima di soccombere alla stupidità umana, che inquina e calpesta tutto ciò che di bello la circonda. Zorba il Gatto vede mamma gabbiana e le promette di curare la sua prole, ritrovandosi così padre di Fifì, a cui bisogna insegnare a volare. Enzo D'Alò ha firmato uno dei pochi cartoni animati italiani veramente belli e commoventi, ben costruiti ed eleganti. E' vero che la sceneggiatura non è originale e il libro di Sepùlveda era più lirico e dolce, soprattutto perché non inseriva nel racconto intrusi poco interessanti e poco pertinenti, quali i Topi e i brutti intercorsi di questi con i Gatti, ma il film è piacevole e arguto. Inoltre ha il grande pregio di esser breve, virtù ormai dimenticata dai cineasti di ogni latitudine. Se non vi strappa una lacrimuccia Kengha la Gabbiana e non vi provoca un sorriso Zorba, attenzione: vi state f

Verso l'Eden

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Una nave carica di emigranti clandestini viene fermata al largo di una non meglio identificata isola mediterranea. Sulle sue coste giunge Elias, scampato al naufragio e spiaggiato tra un gruppo di nudisti. Tra un'avance omo e una eterosessuale (ché Elias ha la gran bella faccia e il fisico nervoso di Riccardo Scamarcio) riceve un invito a Parigi che decide di accettare: si mette perciò in viaggio con mezzi di fortuna e fa incontri improbabili con personaggi generosi, meschini, crudeli, buoni, violenti, inverosimili. A Parigi arriva... Costa Gravas filma una favola amara piena di ironia tagliente, graffiante e tristissima, in quest'epoca di migrazioni continue ed esagitate. Scamarcio non è solo bello, ma anche bravo attore che si trova a recitare quasi muto, proveniente da un paese altro di cui volutamente non conosciamo nome né idioma, e affida alle espressioni facciali la comunicazione di un disagio profondissimo. Il finale non definito rovina un po' l'insieme, ma la p

Titanic

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In occasione dell'affondamento viene puntualmente riproposta la pellicola-fiume di James Cameron e io, da romantica inveterata, lo rivedo volentieri. Lei bella, di buona famiglia, con un nome altisonante e il conto in banca scoperto, una madre triste e meschina e un fidanzato da desiderare di entrare in un ordine di clausura; lui bello (ma magrolino, denutrito), spiantato, povero e allegro, senza un legame e con tanta voglia di vivere. Si incontrano sul Titanic, si innamorano, ridono insieme, bevono (prima birra, poi acqua salata) insieme, affondano quasi insieme... eh, già: quando stai per assiderare in un punto sperduto dell'Atlantico, stare fuori dall'acqua con qualche chiletto in più intorno agli organi vitali può fare la differenza tra una platessa surgelata (Leo era ancora acerbo!) e una Rosa brinata. Più che come storia d'amore, credo che il valore romantico del film sia nell'essere un inno alla gioia di vivere, senza mai arrendersi. Il suo ruolo di classico

Chéri

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Le cortigiane più famose di Parigi vivono negli agi, ma sono costrette a frequentarsi tra loro, essendo inarrivabili i salotti della buona società. Il figlio di una tra queste, una tonda matrona inacidita, a soli vent'anni è già nauseato della vita; la già attempata ma sempre fascinosa amica della madre, Lea, decide di prendersene cura e "svezzarlo", ma il legame si trasforma in una relazione di sei anni che somiglia tanto ad un'unione maritale. Quando per volere della oppressiva mamma Chéri si sposa con un'adorabile e pura fanciulla, la separazione da Lea è incredibilmente traumatica, poiché in lei sono riassunte la figura materna che avrebbe sempre voluto e l'ideale femminile sensuale che ha costruito per anni. Stephen Frears non lascia ai posteri dei capolavori assoluti, ma una teoria di film solidi e ben fatti, assolutamente godibili e senza grosse falle. Insomma, per una volta faccio l'elogio del talento corposo, anche se non del genio. E' l'a

My Beautiful Lipstick o Il questionario di Proust

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Grazie a Sailor Fede, sono stata insignita di un'ennesima catena di S.... ooops! premio bloggher !! Tale My beautiful lipstick dovrebbe essere un riconoscimento alle capacità di make up, ma a me è stato dato per il mio stile: posso dire che sono onoratissima e che le tue parole gentili sono state graditissime, Sailor? Ri-GRAZIE, è un bellissimo complimento che mi hai fatto! Visto che le sette cose che dovrei rivelarvi di me le ho già dette da abbastanza poco tempo, approfitto di questo post per parlare del Questionario di Proust, cui risponderò in diretta. Sì, lo so che ci sono più di venti domande e la nostra Sailor ne chiedeva sette... ma in fondo gli altri scrivevano dei romanzi di -che so- trecento, cinquecento pagine e Marcel ha scritto Alla ricerca del tempo perduto. Il tratto principale del mio carattere: i l bisogno di essere amato è la risposta originale di Proust. Credo che in fondo sia vero anche per me. Forse è vero per ogni essere umano. La qualità che desidero in un u

The science of Philip Pullman's His Dark Material

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La divulgazione scientifica in Italia non è riuscita a ricavarsi un grande posto nel mercato editoriale, complice anche una produzione o poco pubblicizzata o incensata ma estremamente snob (sì, sto pensando ad Odifreddi); all'estero, invece, ed in particolar modo negli States, ha un ruolo importante e talvolta parte da romanzi famosi e molto amati per condurci alla scoperta di complessità ostiche e ignote ai più. Così è stato per Harry Potter, per esempio, e per Alice nel paese delle Meraviglie, e ora anche alla trilogia Quelle oscure Materie (La bussola d'oro, La lama sottile, Il cannocchiale d'ambra), che dal punto di vista scientifico è un'opera estremamente pregevole. I coniugi Gribbin hanno la gran dote di rendere facilmente comprensibile anche ad un pubblico piuttosto ignorante in materia scientifica alcuni concetti fisici con cui dovremo abituarci a convivere, come la materia oscura non-barionica (non atomica!!) presente nell'universo, la coesistenza di