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Visualizzazione dei post da giugno, 2013

Il buio oltre la siepe

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Scout (ma si potrebbe chamare Nelle, Harper Lee) passa le sue giornate a godersi il sole del grande Sud e a chiedersi cosa farà mai Boo Radley rinchiuso in casa, a fare il freak del villaggio, Boo Radley. Perché non infastidirlo un po', col fratello Jem e l'amico Dill (ma si potrebbe chiamare Truman, Capote)... fortunatamente Atticus, padre dei due esagitati fanciulli, li trattiene dall'importunare il vicino troppo spesso. In questa cornice familiare abbastanza paesana, dove ficcare il naso è un po' pane quotidiano di tutti, si iscrive la violenza subita dalla figlia di Ewell, agricoltore violento e razzista, che accusa del fatto il bracciante nero Tom. Atticus accetta la sua causa, perché "come potrebbe ancora dire ai suoi figli come comportarsi se non si assumesse questo incarico?", ma la difesa del ragazzo gli metterà contro la comunità bianca, conservatrice e gretta. Il film ha una struttura lineare e abbastanza avvincente, e sono molto bravi sia G

Il grande Gatsby

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Nick si trasferisce a New York, culla dei ruggenti anni Venti, a dimenticare le sue aspirazioni frustrate da scrittore malriuscito, e si trova vicino di casa di Jay Gatsby, uomo ricchissimo di cui nessuno sembra sapere nulla, a partire dall'origine del suo sterminato patrimonio. Al centro delle mire dell'enigmatico milionario c'è Daisy, cugina di Nick e sua primo e unico amore: per lei ha costruito il suo impero, per lei sarebbe disposto a rinunciarvi. Peccato che, invece di aspettarlo alla fine della guerra, Daisy si sia velocemente consolata con Tom Buchanan, ricco e tronfio erede di una blasonata famiglia WASP (che più di così si muore), che la tradisce con una specie di prostituta dai capelli tinti di rosso. Non ho mai visto il film del '73 con Robert Redford, e il mio rapporto col romanzo non è stato idillico: in realtà in generale tra Fitzgerald e me non è mai scoccata la scintilla della passione, tanto che non ricordavo minimamente il finale del libro, ma mant

Caro Fratello (Oni sama e)

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Pochi giorni fa vi parlavo del notissimo Versailles no Bara, che col suo nome Lady Oscar conoscono anche i sassi, e oggi vi presento una storia molto più breve e molto più ignota della Ikeda. Nanako sta passando al liceo e ha appena conosciuto un ragazzo universitario ai corse di preparazione. Se ne innamora languidamente e scopre che ha poteri paranormali? Naaa, non è un libro di urban fantasy! Decide di corrispondere con lui come fosse il suo "fratellone" e gli descrive gli esordi della sua vita da liceale in un istituto femminile. Stranamente, vista la condizione familiare non altolocata, viene selezionata e scelta per fare parte della Sorority e nel circolo esclusivo di cui comincia a far parte subisce il fascino ambiguo di alcune ragazze più grandi: Kaoru, onesta e vitale, Saint Just, malinconica e bellissima ma decisamente disturbata, e Lady Miya, orgogliosa incontrastata regina della Sorority. In quattro "sottilette", come le chiama Acalia, cioè 2 tank

Matrix Revolutions

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Il primo Matrix è stato (ed è tutt'ora) uno dei miei film preferiti, l'ho visto decine di volte e lo conosco in ogni battuta sia in italiano che in inglese, con gran divertimento del mo fidanzato che non si capacitava di questo amore sviscerato per un racconto intriso di informatica e teoria dell'informazione. Poi c'è stato Matrix Reloaded, che mi ha fatto irritare assai, perché capovolgeva completamente il significato del precedente, si inerpicava -male- per sentieri filosofici che non sapeva gestire (mentre il primo ne suggeriva di opposti con gran rigore di costrutto) e si sprecava in lungaggini coreografate. Dopo questa delusione non avevo voluto affrontare il terzo capitolo, cosa che ho fatto ieri sera approfittando di un passaggio televisivo. Revolutions mi da perfettamente ragione: tanto bene avevo fatto ad evitarlo fino ad oggi, perché è un ammasso senza capo né coda di combattimenti sterili e di effetti speciali. Non parliamo neppure del "taglio filos

Cappuccetto Rosso Sangue

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Valerie conduce la sua vita tranquilla in un paesetto che conta circa 200 abitanti comprese le galline e un lupo mannaro che ogni mese vuole un sacrificio animale per star buono. A vent'anni, però, proprio quando sembra ben avviata la sua storia d'amore con Peter, sua mamma le rivela che è stata concessa in moglie ad Henry, figlio dell'uomo che lei aveva amato in gioventù; per complicare il quadro di tante ambasce, il lupo decide che questo è il mese della Luna di Sangue e vuole delle ragazze vere... a cominciare dalla sorella di Valerie. Chi sarà il lupo? Peter? Henry? La nonna? Lo scemo del villaggio? C'è una qualche simbologia dietro al lupo, come il desiderio di rivalsa, l'avidità o la necessità di sfogare istinti animali primordiali che la vita in comunità soffoca?  Se anche ci fosse, ho l'impressione che questo film non sia molto filosofico. Come teen movie non è terribilissimo, ma difetta di linearità e ciò inficia la suspance potenziale. Gli

I gatti persiani

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Usciti di prigione, una ragazza (Negar) e un ragazzo (Ashkan) vogliono fondare un gruppo musicale e andare ad esibirsi a Londra e a Nizza. Il problema è aggirare tutti gli ostacoli, piccoli e grandi, che lo stato pone di fronte a loro: visti, autorizzazioni per l'organico del gruppo, concessione di canto solista per Negar, imprimatur ai testi e costosissimi passaporti fasulli -ché quelli originali sono praticamene impossibili da ottenere. Le restrizioni si fanno sempre più pesanti, mentre i ragazzi cercano di completare il gruppo e ci portano a visitare i luoghi della musica di Theran, dal rock al pop al rap. Purtroppo il docu-film ha un finale cupo e non del tutto comprensibile (almeno a me, se invece voi avete lumi da offire, fatevi avanti). Mi aspettavo un polpettone pesantissimo, e invece mi è piaciuto molto per i suoi dialoghi frizzanti, lo stile asciutto e poco compiaciuto e soprattutto per la musica, assoluta protagonista, di ottima qualità.  Bisogna dire inoltre che

Le streghe di Eastwick

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Tre amiche nella profonda provincia americana sono occupate a non soffocare e a gestire i figli avuti da matrimoni falliti. Una è scultrice (Cher), una musicista (S.Sarandon) e una giornalista sulla testata locale (M.Pfeiffer) e tutte sono ugualmente infelici e insoddisfatte e poco considerate dalla comunità bigotta e ipocrita di Eastwick. Fin qui la rappresentazione grottesca tratta da Updike funziona benissimo e strappa più di un sorriso.  Poi arriva Daryl (J.Nicholson), un diavolo un po' disgustoso e molto sopra le righe che le seduce e le mette incinte tutte e tre. Di qui in avanti il cocktail si deteriora progressivamente, un po' per l'eccesso di kitsch, un po' per l'eccesso tout court. E' l'eterno problema di Nicholson, ogni cosa fatta da lui, specialmente in quel periodo, ha sempre la stessa pecca: troppo, troppo, troppo. Quando le tre donne decidono di ribellarsi al demone che tanto hanno coccolato ormai il film è tracimato in una ridondanza stucc

Lady Oscar (Le Rose di Versailles)

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Nello stesso anno 1755 tre persone il cui destino sarà intrecciato nascono in tre paesi d'Europa: in Svezia, il Conte di Fersen, in Austria la Regina Maria Antonietta e in Francia il Conte Oscar François de Jarjayes. L'ultimo è in realtà l'ennesima figlia femmina di un generale senza eredi, che decide di allevare l'ultimogenita come un maschio e addestrarla all'arte della guerra. A sedici anni la ragazza è già al suo primo impiego, comandante della guardia della delfina Maria Antonietta, cui rimarrà legata da un rapporto di amicizia e di fascinazione per tutta la vita. Nell'equazione inseriamo anche André, assistente di Oscar perdutamente innamorato di lei, che ha occhi solo per l'amante della Regina. E poi Rosalie, le idee illuministe, Robespierre e Saint Just. Considerata la Storia, è facile immaginare una prognosi infausta e un esito disastroso.  Naturalmente avete ragione, ma Berubara (contrazione affettuosa di Versailles no Bara, il titolo original

Il mio cervello deve essere già fuggito

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Oggi il premier si scusa pubblicamente, in risposta alla lettera pubblicata ieri sul Buongiorno di Gramellini. Formalmente almeno si è comportato meglio dei suoi predecessori, che ad analogo stimolo avevano replicato "è normale che i giovani vadano in giro a cercar fortuna, anzi è sano" (udito con le mie orecchie nell'aula magna del C.T.O. di Torino). Il punto adesso è vedere cosa faranno questi nuovi politici. Avranno il coraggio di fare i tagli giusti? Perché l'Università non ha bisogno (solo) di più fondi, ha (soprattutto) bisogno di non usarli per continuare a cullare l'immobilismo dei Mandarins e della loro burocrazia infinita e avvilente.

Amici 2013 - servizio per assenti

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Eccomi anche quest'anno a commentare pressoché in tempo reale la finale di Amici. Avevo saltato l'ultima edizione, veramente deprimente, ma stavolta i finalisti sono tutti molto decenti e danno l'impressione di darsi da fare, che poi è il motivo per cui i talent mi piacciono.  Greta comincia sfidando Verdiana, dunque senza sorprese. Tu si' 'na cosa grande, che dovrebbe permetterle l'ostentazione del suo dono vocale: il suo timbro mi piace molto, roco e rotondo allo stesso tempo, ma la canzone mi coinvolge moderatamente. Verdiana risponde con Bella senz'anima, e sta già piangendo. Ha una voce limpida che esprime bene la rabbia, ma qui strafà. Greta riparte con Quando finisce un amore: Cocciante va per la maggiore da un po', a me è sempre piaciuto ed è buon patrono di una bella interpretazione. Sono brave, io ho una preferenza per Greta (nonostante l'orecchino da mucca sul setto nasale) ma Verdiana si difende bene. Per i duetti con ospite arrivano i