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Visualizzazione dei post da aprile, 2010

gli spazi bianchi

Ho deciso di scrivere qualche post, di tanto in tanto, seza recensire un film o un libro né alcunchè, ma solo dedicandomi al piacere di scrivere senza dover troppo sottostare ai vincoli della struttura sillogica del pensiero. Sotto questa etichetta scriverò -poco, non temete: mega biblion, mega kakon , dicevano i greci, e vuol dire che se non sei Tolstoj è meglio non scrivere 2000 pagine, sennò le persone si annoiano- in modo analogico, seguendo un... pensiero laterale. Farò esprimere il mio emisfero destro. Tradotto in italiano corrente, mi sentirò libera di saltare di palo in frasca o, più poeticamente, di scandagliare gli spazi apparentemente bianchi della mia mente. Tutta presa dalla mia piccola rivoluzione, ho anche deciso di cambiare sfondo al blog: voglio più aria, più bianco, più spazi vuoti. Spesso non ci rendiamo conto dello sfrenato lusso intrinseco all'idea di vuoto. Chi di voi abita in città rifletta sull'idea negativa di spreco che accompagna un luogo inutilizzato

Una canzone pop

Divertente e fresco, questo album contiene le canzoni scritte da Pierdavide Carone prima e durante l'esperienza di Amici. Se c'è qualcuno che si è interessato alla vita privata dell'autore, vorrei chiedere: questo ragazzo ha avuto problemi di salute? la sua conoscenza dell'ambiente sanitario sembra piuttosto accurata, oltre che tema ricorrente. E' proprio nella ballata dell'ospedale che si notano le più volte ricordate affinità con Rino Gaetano (lo so che molti discordano, ma proviamo a dargli tempo e fiducia), mentre in Jenny c'è una rivisitazione del vecchio folk. Il ragazzo non sembra digiuno di cultura musicale, insomma, ed è dotato. Per chi mi ricordava che è anche autore del testo vincitore a Sanremo, non brillante per la verità, vorrei dire che nonostante l'idiozia -o forse a causa di questa- certe trovate sono già diventate proverbiali tra la gente comune. Sì, sto parlando proprio dell' " in tutti i luoghi in tutti i laghi ". E

Les aventures extraordinaires d'Adèle Blanc-Sec

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Luc Besson è tornato, e speravamo portasse con sé un sesto elemento. Invece questo adattamento del famoso fumetto di Tardi è un po' scialbo e privo di mordente. Adèle è una giornalista che, disubbidendo al suo editore, si reca in Egitto alla ricerca dei resti di un medico di corte; trovata la mummia la porta con sé a Parigi, dove un eminente studioso che si dedca ad attività paranormali ridà vita a varie creature diversamente conservate, tra cui uno pterodattilo. Il vero scopo della ragazza è restituire la salute a sua sorella gemella, reduce da un orribile e sciocco incidente. I suoi piani sono però ostacolati da un cattivo poco convincente, per le cui macchinazioni il professore perde la vita, lasciando Adèle in compagnia di un esercito di mummie gentili e disinteressate, dotate peraltro di un certo sense of humour . Di questa riduzione spoglia salvo l'ultima mezz'ora, allietata dall'ironia di una dozzina di allegri ragazzi morti e bendati, e la fotografia un po'

C'era una volta il West

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Capolavoro assoluto di Sergio Leone, culmine della sua produzione a cavallo tra il meraviglioso ma sfuggente C'era una volta in America e il decadente C'era una volta la Rivoluzione . Se, da un lato, molto curato è tutto quanto concerne la ricostruzione storica della formazione degli stati Occidentali americani, con il brigantaggio, i pianisti da saloon, gli speculatori travestiti da imprenditori e l'onnipresente ferrovia in costruzione, dall'altro il vero oggetto di quest'opera monumentale è l'indagine di una particolare genìa di uomini, che danza anzitempo con la Morte, ogni giorno la sfiora, la corteggia e -inesorabilmente, per sé e per altri- la trova. Conosciamo così Frank, il cattivo a tutto spessore, che uccide per denaro anche bambini, a sangue freddo, e lo fa sotto falso nome, spacciandosi per il bandito Cheyenne. Quest'ultimo, malinconico malfattore con un fondo di onorabilità, trova la sua espiazione e ragione di vita nel proteggere come può la f

Il diavolo veste Prada

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Partiamo dal cominciamento, ovvero dal libro: neolaureata ventitreenne coltiva il sogno di scrivere per il New Yorker ma trova il suo primo impiego a Runway (leggasi : Vogue ), la cui equipe vive nel continuo e completo terrore della caporedattrice, Miranda Priestly (leggasi: Anna Wintour). Il suo anno di schiavitù, che dovrebbe aprirle le porte di una rosea carriera, travolge la sua vita privata e la espone alla tentazione di un uomo affascinante e di pochi scrupoli; dovrà farsi forte di tutta la sua moralità per fronteggiare la situazione. Nel film la trama non è stata modificata se non marginalmente, ma forse è più evidente la fascinazione che la giovane Andrea comincia a provare, suo malgrado, per il patinato mondo della moda e del lusso. Ma non è solo l'ambiente della passerella ad essere vessato da certi atteggiamenti prevaricatori... Miranda ne è una summa a tratti parodistica, ma mi è capitato di assistere a scene quasi ridicolmente simile a quelle più assurde tra Andy, E

Sin City

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Tratto dal fumetto di Frank Miller, questo film con grandi pretese stilistiche di R. Rodriguez si fa ricordare per la violenza estrema e gratuita. Pur vantando Tarantino tra i collaboratori, il regista non inserisce alcun reale spunto emotivo nella trama e manca completamente di ironia. Kill Bill è lontano anni luce... Particolare l'estetica: da un lato l'uso peculiare del bianco e nero, corredato da un unico colore -rosso o giallo- che individua un personaggio o una situazione (perlopiù uno spargimento di sangue), dall'altro le inquadrature con una prospettiva assolutamente fumettistica. Con queste buone basi si sarebbe potuto ottenere qualcosa di meglio, investendo in una storia non totalmente fine a se stessa. In una città dannata, assistiamo alle turpitudini perpetrate da una manica di criminali esaltati e preda di psicotropi assortiti, come in una mostra: ogni quadro una piccola storia, con un narratore diverso che ci racconta la vicenda dal suo punto di vista. Cast s

la famiglia Winshaw

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Bel libro dall'impianto interessante, in cui Jonathan Coe ci porta per mano nell'Inghilterra della signora Tatcher. Una grande famiglia serve da spunto per ripercorrere la storia di piccoli e grandi abusi di un'aristocrazia monetaria che qui è inglese, ma ha decisamente un respiro universale, e che infiltra tentacoli in ogni infratto del sistema: abbiamo così Henry, che informa la vita politica dello spirito del voltagabbana e reimposta il sistema sanitario sul modello di un'azienda privata (con i risultati che tutti conosciamo); Dorothy, che rivoluziona l'allevamento intensivo; Hilary, l'opinionista temuta e partigiana; Roddy, mercante d'arte dai metodi di reclutamento poco eleganti; Mark, il mercante d'armi che vende a Saddam e a Gheddafi, tanto "se alzano troppo la cresta, andiamo, li annientiamo, e ricominciamo a vendere ai sopravvissuti"; Thomas, il banchiere con le mani sul cinema e gli occhi da voyeur. Michael Owen, scrittore di non chia

the butterfly tattoo

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Una ragazza dai capelli scuri dalla pelle che profuma di fresia, un ballo di fine anno al crepuscolo, un primo incontro elettrizzante, un uomo di nome Edward alla guida di una macchina straniera dal motore silenzioso, una telefonata fraintesa dalle conseguenze disastrose, una coppia che vede insieme Romeo e Giulietta . No, non è Stephenie Meyer. La farfalla tatuata, pressoché sconosciuto in Italia, sorse nel 1992 dal cesello di Philip Pullman. Nel breve romanzo Chris, diciassettene bello e onesto, impegnato in un lavoro estivo, conosce Jenny, una ragazza scappata da casa per sfuggire agli abusi del padre e se ne innamora perdutamente. La perde di vista per eventi contingenti e si trincera dietro un atteggiamento un po' fondamentalista, con cui affronta il divorzio dei genitori e il rapporto con il suo capo, Barry, braccato da un passato che chiede vendetta. Questo passato, incarnato da Edward, sfrutta proprio il bisogno profondo di Chris nei valori di onestà, fiducia, amore e rispe

tra le nuvole

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Questo film mi ha lasciata perplessa, ancora non so dirvi se mi è piaciuto o mi ha deluso. Jason Reitman, quello stesso di Juno , è senza dubbio un regista dotato, con un flair per la denuncia fatta con leggerezza ed ironia. Anche solo per queste caratteristiche si tratta di un lavoro meritorio. Però qualcosa non torna, sono rimasta con un senso di insoddisfazione latente. Clooney, sempre più affascinante (invecchia come il Barolo!), interpreta un personaggio molto Malausséniano, pagato per licenziare dipendenti di varie aziende statunitensi in procinto di operare tagli di personale. A tal fine si sposta per tutti gli States, veterano delle aree aeroportuali, alle soglie delle mitiche dieci milioni di miglia che danno diritto all'entrata in un club più che esclusivo. Ovviamente, nell'ottica cannibale dell'agenzia che lo stipendia, più aumentano le restrizioni di budget, più lavoro c'è! E una giovanissima accolita di questi tagliatori di teste professionisti propone di

two lovers

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Di James Gray, rilegge nei toni di grigio newyorkesi Le Notti Bianche di Dostoevskij. Il film è lento, triste e un po' pesante, ma tutt'altro che brutto, e ciò diventa possibile in virtù delle domande irrisolte in cui scava senza sosta. Leonard, reduce da qualche tentativo anticonservativo, si trova a scegliere tra due donne: Sandra, bella e dolce, che proviene dal suo stesso ambiente culturale (media borghesia ebraica), e Michelle, bionda un po' suonata, affascinante e problematica, impegnata in una relazione tormentata con l'uomo sbagliato. Sotto le sembianze di quest'ultima si presenta a Leonard il grande amore, passionale, trasgressivo e totalizzante, ma, quando lei lo abbandona, dopo un momento di sconforto lui torna da Sandra pronto ad accettare una vita insieme sotto il segno della rassegnazione e dell'ipocrisia del borghese perbene. Proprio questa sfumatura è stata più volte sottolineata dalla critica, ovvero la rinuncia alla passione per consentire il

Pathé Lingotto- Mine Vaganti

Torniamo al Pathè, regno del plastificato impersonale, in occasione di una promozione. Per tutti i cinefili che vivono a Torino, prendere nota: il giovedì sera lo spacciatore del blockbuster mette un film a 3,50 Euro. La sala destinata all'ultimo parto di Ozpetek è la Cinque; ha uno schermo grande e una forma confortevole, ad anfiteatro, ma un audio non eccezionale. Dato il pubblico target, l'abbiamo anche trovata in uno stato di decoro accettabile, invece che piena di popcorn e rifiuti di origine varia, costume recentemente diffusosi, ahimè, a macchia d'olio nell'area urbana (non conosco quella suburbana, preferisco non parlarne). Il film porta l'inconfondibile cifra stilistica dell'autore, con il suo impianto corale già visto in Saturno Contro e ne Le Fate Ignoranti (a tutt'oggi il suo capolavoro, a mio vedere) e le tematiche dell'amore, in particolare quello omosessuale, il superamento dei pregiudizi, la vita familiare. Due fratelli pugliesi, eredi