Arcobaleno di spezie

Mitsuru Adachi, 11 volumi. 1995

Sette fratellastri si ritrovano in una casa popolare essendo divenuti orfani delle rispettive madri. Qui scoprono che il loro comune genitore, vivo e vegeto, nasconde la sua identità ma è chiaramente dedito alla frequentazione di belle donne. E il lettore viene presto a sapere che si tratta dello Shogun, in uno strano periodo pseudo-Edo in un lontano pianeta di un’oscura galassia, in un prossimo futuro.


Sicuramente il più anomalo Adachi che abbia mai letto, lui che di solito è garanzia di poetiche commedie scolastiche a sfondo sportivo. Quando si lancia nel racconto storico/di formazione non rende altrettanto, devo dire.
I sette fratelli protagonisti, con nomi di altrettante spezie, sono macchiette abbozzate e sebbene siano piuttosto divertenti sono però piuttosto innocui. Sono chiaramente tutti bravi ragazzi dotatissimi, ma non hanno un’evoluzione caratteriale o psicologica. I continui riferimenti diretti dell’autore ai lettori sono eccessivamente invadenti e poco utili. La trama è assai scontata e non sfrutta bene alcuni espedienti narrativi quali il viaggio del gruppo sulle tombe delle rispettive genitrici, idea che poteva tradursi in attimi di lirismo; al contrario i momenti di azione sono spesso confusionari e relativamente troppo lunghi.
Inoltre, cosa assai insolita, SPOILER diversi comprimari perdono la vita, fra cui il mio ninja preferito FINE SPOILER, privando il tutto di quella leggerezza scanzonata che si profilava nei primi volumi.

Meglio concentrarsi su opere più tipiche (Rough, Touch) o, se atipiche, più recenti (Jinbe).

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