Romanzo di una strage

Di MT Giordana, con PF Favino, VMastrandrea, L Chiatti, L LoCascio, F. Gifuni. 2012, 130'

Nel 1969 esplose la bomba depositata nella Banca Nazionale dell'Agricoltura, Piazza Fontana. Uno di quegli accadimenti che cambiarono, e contribuirono a scrivere, la storia d'Italia, e che la mia generazione praticamente non conosce, perché si situano nel "buco" tra ciò che abbiamo studiato a  scuola e quello che abbiamo visto con i nostri occhi. Dapprima sembrava che gli anarchici avessero rivendicato l'attentato, poi però l'indagine sembrò arenarsi ad un impasse. O meglio, un punto morto: dopo che il capo della sezione Anarchici locale, il retto Pinelli, fece un volo dal quarto piano di uno stabile della Polizia Politica, il punto era morto assai. La finestra da cui precipitò era quella del Commissario Calabresi, non presente nella stanza al momento della defenestrazione, e ucciso dopo un ulteriore, infruttuoso, proseguimento delle indagini. 




Non è vero che il cinema italiano non ha più niente da regalarci sul fronte dei lavori politicamente impegnati, anzi forse è la branca della nostra produzione rimasta di più alto livello. E non è vero che i nostri attori non sono capaci, come dimostrano i protagonisti di questa storia buia e truce: probabilmente serve solo che il regista sia all'altezza del suo compito.
Suddiviso in tanti atti secondo un incedere da Opera Lirica, questo romanzo di una "strage di stato" rimane fumoso, preciso ma oscuro, buio, triste, disperato come la Anna Bolena che cita. Da un lato i due protagonisti, chiari ed espliciti, e condannati all'insuccesso e alla morte, dall'altro le stanze del potere intorno cui grava costantemente quel quid di indeterminatezza, nascosta nelle pieghe della voce di Moro, nella cartelle ventiquattr'ore di tutta l'intelligentia politica che sa(peva) e forse partecipa(va) degli accadimenti, fuori controllo solo nella percezione degli ignari spettatori. 
Quegli spettatori non hanno mai conosciuto la fine, né dopo pagine e pagine scritte, né dopo interrogatori a porte chiuse, né dopo 33 anni di processo. Al termine del quale, senza un colpevole, lo Stato ha avuto il cattivo gusto di chiedere le spese processuali ai parenti delle vittime. Un tocco di classe.
Lungo, e pesante, ma ne vale la pena, anche se non è bello come I cento passi o La meglio gioventù. Però forse la materia oggetto di disamina questa volta era ancora più difficile da gestire.

Commenti

  1. Il riferimento all'Anna Bolena m'è bellamente passato sopra le orecchie. Ne terrò conto alla prossima visione. A me non è sembrato né lungo né pesante, ma conoscevo già i fatti (da notare che, come da titolo, sono romanzati, in alcuni momenti l'aderenza alla realtà non è l'interesse principale del film) e questo aiuta, tanto che raccomanderei allo spettatore di leggersi qualcosa _prima_ della visione, per non perdersi nei meandri di una storia molto italiana, e dunque molto complicata.

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  2. può darsi che fossi anche molto stanca, non so dire se la pesantezza sia legata a fattori intrinseci alla storia o alla mia giornata personale. La regia ha un buon ritmo, però.

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