The Grand Budapest Hotel

Di W.Anderson, 2014. R.Fiennes, M.Abraham, A.Brody, W.Dafoe, J.Goodman, E.Norton, B.Murray, J.Law, T.Swinton, H.Keitel, S.Ronan e T.Revolori. 99'

Per quanto riguarda la sala cinematografica, la Uno del cinema Ambrosio è davvero perfetta. Ottimo audio, poltrone confortevolissime, inclinata ad anfiteatro, utenza generalmente beneducata. Il personale non è tanto simpatico, ma se ne può fare a meno considerato il resto (leggi: schermo grande/grandissimo).

La trama: C'è un vecchio albergo che conserva ancora tracce di un'antica maestà nel cuore dell'Europa dell'Est. Il Grand Budapest era un tempo teatro di sfarzi e gioia di vivere, nella pausa tra le due guerre, quando il suo concierge era M. Gustave H. Un giorno una delle sue vecchie amiche giunse al mondo dei più e Gustave ricevette in eredità un curioso quadro rinascimentale, "Ragazzo con mela", che mise in moto una serie di peripezie in cui lo confortò l'affetto del suo garzoncello, il profugo Zero. Se volete sapere il resto, tocca vedere il film!

Magnifico, sono abbastanza pronta a scommettere che questo sarà il mio film dell'anno, come l'anno scorso lo è stato il Grande Gatsby, perché quando vedi qualcosa che ti colpisce te ne accorgi subito e tutte le volte che lo vedi ti farà lo stesso effetto (parafrasi molto libela della Critica del Giudizio). Ho visto solo altri due film di Anderson, Il treno per il Darjeeling e Fantastic Mr.Fox, ma non vedo l'ora di recuperare i Tenenbaum e Le avventure acquatiche di Steve Zissou, che sembrano essere ritenuti i suoi capolavori -fino ad oggi. Perché ho dei dubbi che possano essere superiori a questo gioiello.
Prima di tutto il cast: basta scorrere la lista che vi ho messo (incompleta, del resto) per rendersi conto che il meglio del meglio in circolazione voleva contribuire alla riuscita dell'opera e ognuno di loro ha dato veramente il massimo di sé. Non vedevo A.Brody così in forma dai tempi del Pianista (e naturalemnte del treno per il Darjeeling); squisito il mio molto amato E.Norton, ma più di ogni altro, splendente Ralph Fiennes, straripante di fascino, capace di incarnare tutto un mondo già incrinato nel '33 e tragicamente distrutto ahimé pochi anni dopo. Bravissimo anche il ragazzo esordiente che interpreta il lobby boy.
Poi la colonna sonora e la fotografia: si è talmente assorbiti ed affascinati dalla trama che il commento musicale onnipresente e luci e colori di ogni scena non vengono percepiti come separati dall'insieme, come nei dolci dei migliori pasticceri non si avverte il sapore dei singoli ingredienti, dacché tutto si fonde in un unico delizioso risultato. Eppure ciò che visivamente ci appaga in questo film è legato soprattutto all'incontro perfetto tra le dorature dell'albergo, il rosa delle scatole di Mendl's, i suoni di Desplat e il ritmo dell'incedere di W.Dafoe.
Infine, il genio di Wes Anderson: è riuscito a creare un film pieno di citazioni, di rimandi, di nostalgia che è però pieno di vitalità, scoppiettante come un fuoco d'artificio, allegro, grottesco, commovente. Dona il desiderio di leggere le opere di S.Zweig, autore austriaco a me purtroppo ignoto fin'ora e le cui opere bruciarono all'ombra delle croci uncinate. Fa riflettere sulla violenza che riserviamo al diverso, soprattutto se profugo, e come questa nasconda spesso ignorante paura. Ci parla di un universo simile a M.Gustave, che si sforza di preservare civiltà ed eleganza quali nobili ideali cui improntare una vita di servizio, tra arabeschi, fregi e insoddisfazioni: quell'universo che prima il nazismo ha ferito, e poi il comunismo ha svilito e degradato.
Le tre linee temporali che scandiscono il film (l'autore del racconto, lui stesso da giovane che riceve le confidenze dell'ex garzoncello Zero e il tempo proprio degli accadimenti) sono filmate in differenti ratio. I cinque capitoli dell'azione principale sono pura poesia. Capolavoro.

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