Tempi Moderni

L'eredità della Seconda Rivoluzione industriale ai tempi della Grande Depressione: chiunque ne avrebbe tratto un drammone lacrimoso indigeribile, ma il genio di Chaplin ne ha fatto un capolavoro immortale.
Proprio di genio si deve parlare riguardo all'artista, di genio leonardiano: chi altri era capace di ricoprire i ruoli di regista, sceneggiatore, attore, produttore e compositore della colonna sonora, con tali incredibili risultati? Only Charlie Chaplin, of course.
Schiacciato dagli automatismi disumani imposti dalla catena di montaggio, Charlot esplode in un accesso di follia e perde il lavoro; a causa di miste sfortune perde altresì la libertà, ma la riguadagna con onore grazie ad un atto eroico involontario (sotto la spinta di un eccitante sventa un attentato in carcere). Tornato nella società, incontra e si innamora ricambiato di una dolce vagabonda e insieme attraversano una serie infinita di peripezie con un unico comune denominatore, la fame.
Il finale è speranzoso, ma non definitivamente lieto, come era stato per Il Monello. I Tempi Moderni sono duri, e nonostante l'ottimismo non sappiamo quale futuro attenda i nostri beniamini. 
Per questo, che fu il suo primo film "politico", Chaplin ebbe l'onore di essere querelato da una compagnia cinematografica del III Reich... e avrebbero dovuto poi vedere Il Grande Dittatore!
L'aspetto stilistico dell'opera è assolutamente ineccepibile: da un lato le sequenze raffinate e illuminanti del lavoro in fabbrica (su tutte, il pranzo macchinalmente assistito e la catena di montaggio, appunto), dall'altro l'uso embrionale -ma allora quasi futuristico- del suono, con dialoghi trattati alla stregua di colonna sonora coesistenti con i fotogrammi scritti tipici del muto. Inoltre, cosa inedita per l'epoca, il direttore della fabbrica interagisce con i sottoposti grazie all'uso di telecamere! 
Chaplin era un grande visionario, capace di intuizioni che a quasi un secolo di distanza non perdono di smalto.

Commenti

  1. Un capolavoro, non ho dubbi, però direi che un rimando a Metropolis di Fritz Lang è quasi obbligatorio, proprio per la visionarietà di certe intuizioni tecnologiche e per l'analisi di quanto possa essere alienante l'industrializzazione.

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  2. Li' al contrario, tutto é tragicissimo... capolavoro anche quello, ma non è stato capace di commuovermi.

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    1. Vero. La parte di Metropolis che dovrebbe essere commovente (il finale con la doppia riconciliazione, familiare e sociale) non funziona molto.

      A vedere uno a breve distanza dall'altro, mi sono fatto l'idea che Chaplin si sia ispirato (consapevolmente o meno) al capolavoro di Lang, e l'abbia trasformato facendogli perdere una parte della sua algida meccanica precisione, donandogli in cambio un gran cuore.

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