Il Trovatore


La seconda opera, datata 1853, della cosiddetta "Trilogia Popolare" (insieme a Rigoletto e Traviata) è senz'altro quella che mi piace di più.
Siamo in Spagna, all'inizio del Quattrocento, e gli uomini d'arme del Conte di Luna si raccontano storie paurose intorno al fuoco, come quella, a metà tra la leggenda e la tragedia, della zingara che morì sul rogo per aver gettato il malocchio sul bimbo dei Conti e fu vendicata con il sacrificio di un altro piccolo della stessa casa. Mentre i soldati così si affaccendano, e si scontrano con i gitani lì accampati, la dama di compagnia Leonora si innamora del Trovatore Manrico, il figlio della zingara Azucena, offendendo così i sentimenti del Conte di Luna che ha occhi solo per lei.
A complicare il tutto, si scopre che Azucena è -incredibile!- la figlia della zingara morta sul rogo e Manrico non è suo figlio, bensì il fratello del Conte, che si credeva morto nel rogo; quando Manrico si scontra col rivale, mosso a pietà da una forza superiore, gli salva la vita, ma il Conte non sarà così magnanimo quando verrà il suo turno...
Il libretto, ultimo gioiello di S. Cammarano, veste di poesia una trama che è in fondo slegata dal suo tempo: nella Trilogia l'impegno politico di Verdi non viene portato sulla scena in modo troppo scoperto, e permette al Maestro di confrontarsi con i drammi psicologici dei suoi personaggi, con risultati straordinari. Musicalmente, se non si può gridare al capolavoro qui, non saprei davvero indicare dove: la perfezione di una scrittura finissima e polita nelle arie d'amore non scade mai in romanticherie da cicisbeo, ma rappresenta efficacemente sentimenti assoluti e veri. Dall'altra parte del registro abbiamo i cori dei soldati e degli zingari, permeati di una forza e un'energia che non hanno pari, se non in altre opere dello stesso autore (penso soprattutto al Nabucco e alla Forza del Destino).
La versione che sto ascoltando in questo momento, e che consiglio caldamente, è quella diretta da H. von Karajan a Salisburgo, nel 1962. Corelli è un credibilissimo Manrico, mascolino e diretto nel Deserto sulla terra così come nel Miserere del IV atto, mentre a Bastianini basterebbe anche solo la scena di gelosia del I atto per confermarsi mio baritono preferito di tutti i tempi. La Price ha una voce limpida e calda che rappresenta al meglio il coraggio e la sensualità pur casta di Leonora: inizia bene col Tacea la notte placida e finisce ancora meglio con il blocco D'amor sull'ali rosee-Miserere-duetto con il Conte. E la Simionato? Un genio vocale! Da Stride la Vampa al terribile finale, è capace di suscitare nell'ascoltatore immagini di occhi brucianti, maledizioni oscure e vendette senza scampo.
L'ho già detto che Il Trovatore è un'opera meravigliosa?

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