Frankenstein

Dio salvi la Regina, è esistita un’era in cui il maltempo inglese produceva grandi meraviglie, come la celebre novella della consorte di Sir Percy Shelley.
Ossessionato dalla promessa di onnipotenza delle scenze naturali, il giovane Frankenstein crea il monstrum, l’essere stra-ordinario, vivificando la materia inanimata. La Creatura, subito rinnegata e allontanata, è malvagia e crudele, tesa al perpetrarsi di sempre nuove blasfemie; il Creatore, dal suo canto, non è capace di pietà e carità sufficiente a sciogliere il cuore dell’empio criminale.
Fulgido esempio di gothic novel, affonda i suoi orrori non nel terreno magico-spiritista molto in voga nel Preromanticismo inglese, ma nelle basi della moderna fantascienza che solleva le grandi questioni morali legate al progresso e al costante desiderio dell’uomo di sostituirsi alla divinità. In particolare troviamo qui un creatore che condanna la sua creatura alla perdizione per mancanza d’amore: Mary stava lamentando la piccolezza dell’animo umano confrontato con le richieste della Creazione, ma considerata l’epoca “luminosa” in cui scriveva, forse è possibile anche ravvisare nella sua scrittura una non così velata accusa contro la Chiesa, che rende malvagio l’uomo per la sua incapacità di educarlo ed amarlo. Una pietra miliare della letteratura di genere.

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