Francesco Guccini al PalaIsozaki

Il PalaIsozaki di Torino è una bella struttura rinverdita in occasione delle scorse Olimpiadi invernali, confortevole e capiente, molto adatta a questo genere di avvenimento.
Il pubblico era composto, niente eccessi da parte di questa marea composita che conta tra le sue fila quindicenni rasta e compiti sessantenni vestiti come Bertinotti… dopo una breve presentazione di Emergency, è arrivato Francesco.
Guccini. Che inizia ogni suo concerto da trentacinque anni a questa parte con la Canzone in memoria di un’amica e che intermezza il canto con delle considerazioni personali piene di acume e poesia quanto le sue liriche. Il tempo è stato benevolo con lui, ha preservato la sua voce five-pints-and-two-packets-a-day come un antico organo, con quel timbro roco, le consonanti arrotate e le note basse che rischiano di essere sopravanzate dalla melodia, e il cipiglio fiero del filosofo arrabbiato.
Purtroppo è stato privilegiato un arrangiamento molto rock, con la batteria sempre in overdrive (Ellade, cosa hai mangiato? Musici, che vi siete fumati??), che ha travolto spesso la delicata trama dei testi, restituendoci dei brani di pizzo lacerato. Eh, pare vada di moda. Ma non basta a scalfire le stanze colte e raffinate che con la loro amarezza e lucidità hanno reso Guccini uno degli ultimi grandi bardi.
Proprio nel finale abbiamo rischiato una scivolata nell’anacronismo, con selve di braccia stese e pugni chiusi sulle note della Locomotiva –non è una critica politica: da un nostalgico sessantottino me lo aspetto, dal diciassettenne mi sorprende un po’…- ma anche questo è Francesco, e tutto sommato, va bene così.

Commenti

  1. Il PalaIsozaki ha pure un'acustica decente :)
    Non sapevo di Guccini, mannaggia, altrimenti sarei andata a vederlo! Invidia ;)

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